X: A Sexy Horror Story

di Ti West (2022)

durata: 106
produzione: USA
cast: Mia Goth, Jenna Ortega, Brittany Snow, Scott Mescudi, Martin Henderson, Owen Campbell, Stephen Ure
sceneggiatura: Ti West
fotografia: Eliott Rocket
musica: Tyler Bates, Chelsea Wolfe

West torna al lungometraggio dopo una pausa di qualche anno dedicata ad alcune serie TV con un horror rurale che – complice la campagna mediatica che ha fatto leva su due topoi intramontabili al botteghino (paura e sesso) – ha generato un’attesa non esattamente allineata al pur godibile risultato. Sinteticamente il film come horror in sé, fuori dalla prospettiva di pura e semplice condizione di tributo, non ha molto da aggiungere (ammesso che qualcuno ne avverta l’esigenza). Ma a ben scavare, oltre la patina di grottesco che riveste certe situazioni la componente drammatica più o meno volontariamente messa in scena è la parte più interessante del girato; oltre al substrato di denuncia socio-politica al quale il regista già ci aveva abituato. Si è parlato (con entusiasmo) di una via di mezzo tra “Gola Profonda” e “Texas Chainsaw Massacre”…certo l’ambientazione è il Texas, ma qui più che cannibalismo, c’è fame di carnalità. Il vero orrore – amanti di una certa produzione granny VM18 a parte – è riscontrabile nell’irrefrenabile lascivia dell’anziana protagonista Pearl [Mia Goth, lanciata da Von Trier in “Nymphomaniac” e qui in un duplice ruolo]. Il suo ben definito personaggio incanala egregiamente l’elemento drammatico: l’incapacità di accettare i limiti socio-comportamentali della propria condizione fisica e anagrafica, il tentativo maniacale di appagare il proprio desiderio (incipit della parte omicida), il confronto generazionale in un periodo storico di libertà sessuale post ’68 in cui lo sviluppo e diffusione del formato VHS ha avuto un ruolo preponderante. E non a caso è il target del produttore [Martin Henderson], compagno dell’altra Mia Goth (nei panni di Maxine, una giovane scappata da un passato familiare chiarito nel finale, tanto disinibita quanto ambiziosa) e imprenditore intenzionato a perseguire una facile ricchezza attraverso il mercato dell’home video per adulti. Fa in tal senso parte del cast – oltre a una versione hot di Marylin Monroe [interpretata da Brittany Snow] – Jackson, un particolarmente dotato (natural o VFX? Il breve controluce di una scena lascia il dubbio…) attore di colore. Per il ruolo è stato scelto il rapper Kid Cudi, sorta di connubio tra Jimi Hendrix e John Holmes. Per il resto il divieto VM18 al cinema per quel che si vede e l’accortezza nelle inquadrature è decisamente esagerato. Con una predilezione per campi medio-lunghi viene introdotto quello che sarà un costante voyeurismo, coadiuvato da frequenti montaggi alternati che propendono alla simbiosi. Buona la fotografia, con ottime riprese notturne (sembra scontato, ma il sangue si vede) che diventano strategiche durante il giorno (gli anziani non sono mai ripresi chiaramente o da vicino). Ottimo anche il trucco prostetico e gli effetti speciali (più per la parte splatter che slasher). Senza spoilerare troppo, finalmente un attacco di alligatore etologicamente corretto.
L’inizio della narrazione, come anticipato, ha connotazioni distrattive in ragione della sua tematica e presentazione di un set cinematografico hard artigianale. Purtroppo passando all’horror la noia subentra a causa di una pressante sensazione di deja-vu, che va ben oltre il concetto di tributo: pur essendo infatti stato girato bene, il film non offre niente che non si sia già visto e molte sono le citazioni (troppe per elencarle) tanto nel settore horror che in quello erotico per non percepire alla fine la sensazione di un semplice, riempitivo mescolamento di carte note. Salva forse la situazione la tenerezza che si può arrivare a provare per Pearl o perfino per l’amore malatamente protettivo di suo marito Howard [Stephen Ure], ma restano alcune sbavature sul suddetto personaggio: passionalità e passato da ballerina a parte la sua forza e agilità – N.B. in un contesto NON metafisico – è eccessiva per lo stato fisico / età che dimostra. Il contraccolpo di un fucile palesa una massa muscolare esile come un fuscello…eppure in grado di fare una carneficina. A riprova comunque che il personaggio avrebbe creato interesse, è stato girato contemporaneamente al film un prequel (“Pearl” appunto), incentrato sulla giovinezza dell’anziana signora durante la prima guerra mondiale. I titoli di coda esternano la rinnovata (cfr.”The House of the Devil”, 2009) passione del regista per il vintage con uno stile tarantiniano in perfetta armonia con gli stilemi del periodo. Discorso analogo per la fotografia diurna e la musica aggiuntiva a quella dei titolari, Tyler Bates (per qualche anno chitarrista di Marilyn Manson) e Chelsea Wolfe: brani scritti (con rarissime eccezioni) tra la fine degli anni 60 e i 70: Loretta Lynn, Pablo Cruise, Fleetwood Mac, Mungo Jerry, Blue Oyster Cult, etc. I numeri ci sono tutti perché diventi un ricercato titolo fuori catalogo nell’arco di un paio d’anni. Disponibile per l’home video tramite la prolifica Midnight Factory dal 17 novembre.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2022.


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