Venga a prendere il caffè da noi

di Alberto Lattuada (1970)

L’improbabilità di una perduranza dicotomica tra disciplina ed edonismo è il fulcro attorno a cui ruota l’intera vicenda che anima questo film di ambientazione provinciale, ma robustezza satirica decisamente nazional-popolare.

durata: 95′
produzione: Italia
cast: Ugo Tognazzi, Angela Goodwin, Francesca Romana Coluzzi, Milena Vukotic, Jean Jacques Fourgeaud
sceneggiatura: Alberto Lattuada, Adriano Baracco, Tullio Kezich e Piero Chiara
fotografia: Lamberto Caimi
musica: Fred Bongusto

Tratto dal romanzo “La Spartizione” di Piero Chiara [che offre qui un cammeo come prestasoldi, così come lo stesso regista Lattuada compare brevemente come medico di famiglia] il film è una godibile commedia di confine, geografico, ma anche di genere che senza sfociare in un erotismo didascalico, riesce con allusivi toni grotteschi nel suo intento di dipingere la debolezza del sistema etico-comportamentale di chiaro stampo borghese.
La debolezza del protagonista Emerenziano Paronzini, [Ugo Tognazzi] straordinario nella rappresentazione chirurgica del suo personaggio incorruttibile in pubblico, lascivo in privato e abilmente caratterizzato da un’accurata dotazione di bizzarre manie (ad es. il caffè inspiegabilmente bevuto dal piattino e non dalla tazza o i gargarismi con il vino a fine pasto, per prevenire le carie…) e una rigida fisicità pseudo-nazista, inclusiva di menomazioni di guerra che alle volte sembrano richiamare il dottor Stranamore.

Oppure quella delle tre sorelle orfane Tettamanzi, efficace raffigurazione di una femminilità repressa e acerba, capace di perdersi nei meandri dell’impulso copulativo – simbolicamente rappresentato dal frequente richiamo del gallo intento ad accoppiarsi con le signore del suo pollaio – con una poliedricità fisica e psicologica ben differenziata.
E quindi la proropenza statuaria di Tarsilla [Francesca Romana Coluzzi] bibliotecaria parrocchiale che legge De Sade di nascosto e soccombe ai primi e troppo a lungo procrastinati impulsi ormonali, rimanendo invischiata nei metodi seduttivi di un parvenu indebitato fino al collo [Jean Jacques Fourgeaud].

La fragilità e confusione emotiva di Camilla [Milena Vokotic], suonatrice d’arpa e sognatrice d’amore che si abbandona in reazioni puerili e isteriche: i capricci per la scelta di Emerenziano – nuovo padre putativo o fidanzatino? – a favore della sorella più grande / memorabile il contrasto fisico-psicologico reso nella sequenza della Coluzzi che la porta via in braccio; oppure quella in cui Camilla urina in un vasino per lo spavento dovuto a presunti ladri.

La grazia della sorella maggiore Fortunata [Angela Goodwin], bellezza intima e raccolta come la sua generosa chioma corvina, solcata dai primi segni dell’attempatezza, ma straordinaria nell’abbandono emotivo a una strumentale richiesta di matrimonio (magistralmente sintetizzata in una ghirlanda di salsiccie attorno alla testa del proprio spasimante) che sembra donare una nuova cornice al suo ritratto di donna in cui la sensualità si risveglia al richiamo di un abbandono fino ad allora ormai quasi solo idealizzato.

Vite parallele, sempre di più osmotiche nella convivenza finale che fanno di una forma variopinta d’interesse il proprio legame relazionale.
L’interesse economico di Emerenziano, che dopo un percorso di formazione virile (la guerra che lo ha invalidato, ma reso “vero uomo”) e professionale (la gavetta che lo ha reso vice-capufficio del Ministero delle finanze), in piena ottemperanza di uno dei suoi scrittori preferiti (l’antropologo darwiniano Paolo Mantegazza) ritiene giunto il momento di riscuotere il suo premio, consistente in 3 C: “carezze, caldo e comodo” [cit.]. L’interesse verso la sessualità di Tarsilla, intensificatosi attraverso clandestine letture proibite e mortificata finché non diventa una sorta di droga a cui non si può rinunciare, anche a costo di essere semplicemente l’amante del proprio cognato.
L’interesse verso il potere emancipativo e maturativo dell’amore di Camilla, totalmente incapace di controllare le proprie reazioni come per contrasto pizzica con adulta fermezza le corde del proprio strumento.
Un interesse, specchio satirico di un’ambizione borghese che si regge su un equilibrio tanto surreale quanto omertoso, intriso di confusionale lascivia (nell’ultima luculliana cena Emerenziano non comprende neanche più chi gli faccia piedino sotto la tavola) …fino a che l’ingordigia – sessuale in questo caso – del protagonista non lo porta ad arrestare la sua ascesa all’apice del benessere e della lussuria. Chiaro in tal senso il rimando quasi metaforico di Tognazzi che si arrampica sulle infinite cosce della Coluzzi o tenta salendo le scale – non pago di una nottata di vorticosa carnalità – un ulteriore assatanato approccio alla governante, ultima donna rimasta non circuita in casa e cronista dalla latente sensualità delle avventure notturne del nostro.

Il corso e ricorso vichiano introdotto dall’epilogo con il padre delle ragazze, amante della natura e stroncato da un infarto termina con il suo spodestatore effettivo ed affettivo, Emerenziano paralizzato da un ictus. Un’immagine di Tognazzi paraplegico che mi riporta alla memoria quella che ritornerà nel II atto monicelliano di “Amici Miei” (con nuova apparizione della Goodwin nei panni dell’austera moglie del Perozzi): una caricaturale figura slinguazzante portata in carrozzina dalle tre sorelle che non sembrano minimamente aver subito il crollo autoritario dell’imponente e rassicurante figura satiriaca domestica, ma paiono piuttosto aver trovato bilanciamento femmineo e serenità nel possesso comune di quello che alla fine si delinea come una nuova figura paterna da accudire e per forza di cose non più ambiguamente molesta.

Disponibile in Italia in DVD (DVD box trasparente con copertina a stampa bifacciale).
La copia in mio possesso è quella del 2012 con un’illustrazione in copertina (EAN: 8057092331521) edita da RaroVideo / Cecchi Gori e distribuita dalla Mustang Entertainment che sembrerebbe riprendere lo stile della versione d’importazione del 2010 (con numerazione EAN inferiore).
Ne esiste infine un’ulteriore versione d’importazione con stesso codice, ma cover fotografica, datata 2011.

P.S. Non so se sono stato particolarmente fortunato io (copia difettosa?), ma l’audio della parte musicale – scritta dal buon vecchio Fred Bongusto ed eseguita da I Giganti – ha seri problemi sull’equalizzazione delle basse frequenze.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2022.


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