The Strangers: Prey at night

di Johannes Roberts (2018)

durata: 85’
produzione: USA
cast: Bailee Madison, Lewis Pullman, Christina Hendricks, Marin Henderson
sceneggiatura: Bryan Bertino, Ben Ketai
fotografia: Ryan Samul
musica: Adrian Johnston

A dieci anni dal quasi omonimo film di Bryan Bertino, vede la luce (del lampione) questo slasher ispirato al noto omicidio Tate e fortemente debitore verso l’estetica carpenteriana, dalle inquadrature al main theme. Come d’altronde è carpenteriano lo stesso l’abbinamento musica vintage-assassinio o la struttura narrativa fuggiasca one-night-long; e in questo il film non supera purtroppo il limite del modello (poi stereotipizzato) horror ottantiano. Presenti all’appello dei cliché anche la sorella problematica darkettona o il poliziotto salvifico che fa una brutta fine.
Così come non mancherà – ATTENZIONE: SPOILER (in corsivo) – il doppio finale con il maniaco (ovviamente mascherato, ma per abbondare ce ne sono tre) che tutti credevamo morto e che invece si ri-palesa intento a perpetrare la propria natura omicida, con fare atarattico e pervicacia quasi soprannaturale.
Semplicemente insopportabili (e improbabili) i continui: “c’è qualcuno lì?” o “c’è nessuno?!”. Restano invece degni di nota la buona fotografia notturna (praticamente tutto il film), cupa, nebbiosa e arricchita da nuances auree; e alcune scene, talvolta truculente (es. scena dell’accoltellamento ai polmoni in piscina), talvolta ciniche (es. assassino che poco dopo un incidente d’auto si siede nel cosiddetto “posto del morto”, accanto al guidatore agonizzante). Montaggio ibridato con insolite zoomate di sapore sessantiano. Jumpscares piuttosto moderati e a tal proposito nota di merito anche per il missaggio audio (per una volta non ho dovuto consumare la serigrafia sui tasti del volume del telecomando), inclusivo di un doppiaggio della giovane protagonista davvero convincente (es. nel suo racconto singhiozzante di terrore) e interessanti abbinamenti semi-MOS / attacco di panico. Nel bilancio totale purtroppo però la pellicola risulta inutilmente derivativa e salvo bulimia di genere facilmente dimenticabile.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2023.


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