The Punisher

di Jonathan Hensleigh (2004)

durata: 124’ / 140’ (extended cut)
produzione: USA / Germania
cast: Tom Jane, John Travolta, Will Patton, Laura Harring, John Saint, Roy Scheider, etc
sceneggiatura:  Michael France, Jonathan Hensleigh
fotografia: Conrad W. Hall
musica: Carlo Siliotto

Una delle cose che più incuriosiva di questo supereroe era il fatto che non fosse un…supereroe, ma per qualche motivo facesse parte della linea editoriale della Marvel. A partire dal restyling post-1998 (creazione del sotto-marchio “Marvel Knights”) le storie si caricano di black humor e la mole di violenza purificatrice aumenta. I suoi “super poteri” in qualche modo sono assimilabili alla tenacia accecata dal sangue, l’irrefrenabile desiderio di vendetta, la forza sovrumana di chi non ha niente da perdere. Praticamente – passato da veterano a parte – l’antitesi del tradizionale superhero nazionalista con bandierina “made in USA”. Ispirandosi quindi alla fondamentale saga “Bentornato, Frank” il personaggio interpretato da Tom Jane è solo un uomo. Certo una rivoltellata in petto di solito uccide gli umani, ma facciamo finta che anche i colpi più vicini possano mancare l’obiettivo (“Gomorra 4” docet…) e a parte questo non c’è molta differenza dall’indole del Paul Kersey interpretato da Bronson.
Il corollario di un Sistema corrotto che non assicura alla giustizia che priva il prossima dell’unico bene non tassabile o svalutabile (l’affetto dei pochi cari), apre la strada al classico revenge movie dove gli stereotipi non mancano, in alcuni casi si toccano vette di ingenuità non indifferente (es. il chiodo scaccia-chiodo proposto dalla vicina Joan a chi evidentemente non ha superato il proprio lutto). Ed ecco che pulsano venature narco-mafiose (il villain Howard Saint, dall’ironico cognome, interpretato da John Travolta o la gentil consorte Livia – la Laura Harring divenuta celebre per “Mulholland Drive” – moderna Desdemona dalla forma mentis decisamente andranghetiana). Si propone poi la solita solfa del braccio destro [Will Patton] del boss con “Il Vizietto”, si enfatizza la natura di reietto del protagonista – spesso a disagio con il ruolo attoriale ricoperto – con l’accostamento di altri e diversamente disadattati. Si assiste perfino a surreali corpo a corpo jamesbondiani dove usare le armi sembra quasi immorale, ma il cartongesso la fa da padrone (chiamato in causa il wrestler Kevin Nash su le note del “Rigoletto” e poi citato al femminile nel successivo “Kick Ass 2”) …e via dicendo…fino al solito fuoco purificatore lasciato alle spalle dopo la resa dei conti. Nessun guizzo di originalità dello script, tanto meno apici di attorialità…forse un modo per dimenticare il precedente adattamento con Dolph Lundgren, fan movie in nuce, senza troppe aspettative, opera prima (e si vede) di uno sceneggiatore che ha scritto meglio per gli altri. Ennesimo (dopo il “Daredevil” o “Hulk” dell’anno prima) spreco di potenziale, ma per fortuna esistono i reboot (ARTICOLO QUI), a guisa di mea culpa del cinema moderno.
Cammeo di Roy Scheider nei panni del padre di Frank, collezionista di pistole con la passione della modifica e – in veste di sicario rockabilly – Mark Collie, sorta di menestrello di morte che durante la colazione al bar di Frank, gli preannuncia le proprie intenzioni belliche con una nefasta dedica musicale: la (classica) custodia da strumento che può nascondere un mitra genera una suspense di ben 150 millisecondi.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2022.


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