durata: 120’
produzione: USA
cast: Nicole Kidman, Julianne Moore, Meryl Streep, Ed Harris, etc.
sceneggiatura: David Hare
fotografia: Seamus McGarvey
musica: Philip Glass, Burkhard von Dallwitz
Meraviglioso, cangiante e pulsante affresco di mal de vivre femmineo, ma con tutte le complicazioni di una femminilità repressa dal proprio inalienabile ruolo familiare o sessuale. L’incipit estremo di una Virginia Woolf alle prese con la sua decisione più radicale diviene attraverso un racconto di esistenze parallele in tre distinti periodi storici – impreziositi da uno stimolante montaggio alternato – spunto di riflessione sul peso delle proprie scelte esistenziali e, soprattutto, dalle proprie rinunce. La musica per piano e archi di Glass è semplicemente perfetta nel suo incedere minimale, ma chirurgico come lo scandire di quelle ore citate nella lettera al marito che accompagna l’addio della scrittrice londinese. Interpretazione oltretutto mirabilmente effettuata da una Kidman pressoché irriconoscibile se non fosse per il suo sguardo vitreo, capace di comunicare oltre il make up pesante e l’abbigliamento che sacrificano una più vistosa bellezza. Non è tuttavia da meno il resto del cast; incluso Harris, attore dal talento palpabile e riconosciuto, ma spesso circoscritto al sacrificio di personaggi secondari o di scomodo antagonismo. La chiusura ellittica del film – che nella sostanza rammenta lo stretto lasso di tempo in cui la narrazione si sviluppa – libera la protagonista dal fardello della propria prigionia mentale (come il Septimus del suo celebre romanzo “La Signora Dalloway” citato nella pellicola), ma suggella ciò che sopravvive all’abbandono del proprio corpo, finalmente alleggerito per potersi librare nel ricordo, salvifico sentiero verso l’eternità.
A cura di Luigi Maria Mennella © 2024.
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