Spaccaossa

di Vincenzo Pirrotta (2022)

durata: 105’
produzione: Italia
cast: Vincenzo Pirrotta, Selene Caramazza, Ninni Bruschetta, Simona Malato, Aurora Quattrocchi, Luigi Lo Cascio.
sceneggiatura: Vincenzo Pirrotta, Ignazio Rosato, Salvatore Ficarra, Valentino Picone
fotografia: Daniele Ciprì
musica: Alessio Bondì, Fabio Rizzo e Aki Spadaro

Da un abietto caso di cronaca (truffe assicurative organizzate con il consenso di persone indigenti), Pirrotta prende amaro spunto per immergersi anima e corpo (anche come attore protagonista) nella ricostruzione del malessere palpabile che aleggia nella periferia palermitana. In questo luogo dove il tempo della speranza sembra essersi fermato e il corpo diviene veicolo per brevi tragitti lontani dalla marea, chiunque è disposto a pagare il caro prezzo di un biglietto, perché -parafrasando Stephen Levine- non esiste pietà, tanto meno compassione…anche dove ci si fa il segno della croce. Perfetta in tal senso anche la caratterizzazione quasi mefistofelica della Quattrocchi, nei panni dell’anziana madre di Vincenzo (Pirrotta). Sulle struggenti note del folk moderno egregiamente interpretato da Alessio Bondì [ma completano l’ottima colonna sonora anche un inserto – “O Vos Omnes” intonata dalla voce sublime della mai troppo compianta Giuni Russo] scorrono, come rigagnoli di fango e sangue, povertà e avidità. La stessa avidità che porterà poi l’organizzazione criminale a superare il limite -delineato dal rispetto della dignità umana- del consentibile. Di tanto in tanto alcune sinistre inquadrature del magazzino adibito allo spaccamento delle ossa tagliano il montaggio a mo’ di macabri caroselli. Lo Cascio presenzia come mero cammeo (un ludopate/‘cliente’ poco collaborativo, ma il cast gode tutta la solidità di una direzione teatrale, pur senza perdere -a partire dall’aspetto linguistico (siciliano)-  contatto con la realtà. Tanto nella giovane leva [la Caramazza, ringiovanita, ma quasi trentenne nei panni di una sensibile darkettona tossica] quanto in quella più navigata [Ninni Bruschetta, braccio destro di chi nei fatti sta a capo di un’organizzazione dove la democrazia è solo nelle intenzioni]. Sulle note liturgiche di un funerale vedere quest’ultimo [Giovanni Calcagno] che mastica un chewing-gum al posto di un’ostia sintetizza un po’ la cifra di tutto il cinismo che permea il film e che nello sconfortante epilogo ribadisce il sentore di crudezza che la fotografia ossidata di Ciprì aveva anticipato.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2023.


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