Seytan

Sorvolando sulla necessità di provare a girare ex-novo in turco uno dei capisaldi dell’horror demoniaco, giustificabile solo in ragione del sostanzialmente diverso substrato culturale (religioso in primis), quello che Erksan mette in scena è -ahimè- cinema deterrente della paura. Lontano anni luce da “L’Esorcista” di Friedkin (va detto: come d’altronde molti altri epigoni realizzati con l’aggravante di budget più consistenti di questo), il film dello stesso autore che dieci anni prima vinse l’Orso di Berlino, sfiora in questa occasione e più volte l’involontario registro comico. Vuoi per la performance attoriale da peggior soap-opera, vuoi per il comparto effettistico a dir poco carnevalesco (si salvano solo i cavi del letto, perlomeno adeguatamente occultati). Non ultimo il montaggio audio: dal noto “Tubular Bells” inserito in timeline in modo del tutto aleatorio alla performance di arpa (eseguita però con un pianoforte e -sul finale- quasi senza l’ausilio delle mani). Unica parte interessante, ma per motivi extra-cinematografici, la variante dell’esorcismo con Corano alla mano. Sequenze come la ‘rotazione della testa’ della protagonista fuori asse dietro un manichino o lo psichiatra che tira maldestramente pugni a vuoto in prossimità dell’obiettivo per simulare il pestaggio della bambina rendono almeno il film annoverabile tra le perle trash del settore meritevoli di visione.