durata: 92’
produzione: Italia
cast: Jerry Calà, Christian De Sica, Marina Suma, Gianni Ansaldi, Virna Lisi, Isabella Ferrari, Angelo Cannavacciuolo, Karina Huff, Ugo Bologna, Guido Nicheli, Ennio Antonelli, etc.
sceneggiatura: Carlo Vanzina, Enrico Vanzina
fotografia: Beppe Maccari
musica: Edoardo Vianello, Mariano Perrella, Mina, Riccardo Cocciante
Unanimamente considerato il lavoro migliore dei fratelli Vanzina, il film ha il pregio di invecchiare bene nonostante evidenti limiti che esulano dalle navigate capacità tecniche riscontrabili, grazie a un umorismo che raramente scade nella trivialità (ravvisabile nella filmografia successiva) o alla genuinità di certi sentimentalismi adottati. Certo, il necessario gap generazionale del cast mette terribilmente in risalto le differenze qualitative, oscillando dalla spontaneità di classe di una Virna Lisi fino al penalizzato duo scenico Baroni / Maggi (altrove migliori attore e doppiatore qui resi insopportabili). Il compianto Guido Nicheli [così come Ugo Bologna] è perfettamente a suo agio con il suo noto personaggio/alter ego, mentre nella caratterizzazione meneghina maschilista risulta eccessivamente sopra le righe De Sica. Calà come sempre oscilla tra gag quasi simpatiche (e come sempre distrutte dalla sua smorfiosaggine) e l’inspiegabile gigioneria che piace solo alla Suma. La Ferrari è praticamente al suo debutto e non basta l’accomodante savoir faire della Lisi a cancellare il terrore dai suoi occhi. Più a suo agio pur nel suo ruolo di donna-oggetto la precocemente scomparsa Karina Huff. Tra i caratteristi si ricordano un costantemente perculato Ennio Antonelli doppiato in fiorentino. Il commento sonoro, nella diegesi di juke box, giradischi ed esibizioni nello storico locale de La Capannina di Franceschi [con cammeo di Edoardo Vianello che troneggia nella playlist musicale della colonna sonora] e che tanto ai tempi come oggi costituisce uno dei punti di maggior successo del film, anticipa la tendenza di un certo tipo di film vanziniano a sfruttare la forza empatica delle hit radiofoniche, ma con la differenza che qui la musica assurge a un valore – tra virgolette – storico/culturale più significativo e quindi duraturo. Qualcosa che i successi sanremesi (e relativi discografici) si sognano, per intendersi. Sono passati in rassegna i brani più celebri del periodo (l’ambientazione è quella di metà anni 60) e l’elemento nostalgico, introdotto dal voiceover di Pino Locchi trova il suo apice narrativo nel finale, delicatamente amaro, tra le parti migliori della pellicola e che nell’apertura in odore di sequel lascia sicuramente un decoroso ricordo fruitivo.
A cura di Luigi Maria Mennella © 2023.
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