Sanctum 3D

di Alister Grierson (2011)

titolo originale: “Sanctum”
durata: 109’
produzione: USA / Australia
cast: Rhys Wakefield, Richard Roxburgh, Ioan Gruffudd, Alice Parkinson, Dan Wyllie, etc
sceneggiatura: John Garvin, Andrew Wight
fotografia: Jules O’Loughlin
musica: David Hirschfelder

Girato per la visione 3D, il film che nella versione home video è esplicitamente pubblicizzato come prodotto da James Cameron (N.B. il regista non è nemmeno indicato, ma a proposito di 3D sappiamo che faceva parte della crew di “Avatar”) è il genere di lavoro che si guarda giusto per poter arrivare alla fine ed esprimere un giudizio non prevenuto o frettoloso. L’ingannevole sottotitolo “Un’avventura sotto il mare” (che riporterà forse alla mente di alcuni di voi la serie televisiva americana di fine anni 50 ideata da Ivan Tors) fa riferimento al fatto che parte della missione esplorativa si svolga sotto il livello del mare. Nei fatti però il film racconta le vicende di alcuni speleosub intrappolati in un complesso sistema di grotte allagate e si ispira a quanto parzialmente accaduto nel 1988 alla spedizione guidata da Wes Skiles della National Geographic. Nonostante i 20 minuti iniziali a dir poco soporiferi e l’incessante voglia di estrarre il blu ray almeno per la prima ora, a circa metà film viene voglia di proseguire; non fosse altro per scommettere biecamente su quanti sopravviveranno …perché un po’ per esperienza fruitiva, un po’ per il continuo ‘memento mori’ declamato (insieme a tante frasi trite) dai protagonisti sappiamo quasi con certezza che non sarà una passeggiata di salute. Purtroppo quello che ci viene proposto è fondamentalmente l’ennesimo, ma assolutamente non coinvolgente survival movie dove neanche l’ambientazione riesce a distrarre lo spettatore da uno script drammaticamente (in entrambe le accezioni) tedioso. Ambientazione sulla carta suggestiva, ma nei fatti dipinta da una fotografia tanto nitida quanto assolutamente priva di fascino (una neutralità forse imputabile a una parvenza di taglio documentaristico?). Non che il cinema, specialmente quello connotato debba essere necessariamente originale (e qui di originale c’è giusto un carrarmato giapponese crollato in una spelonca e alcune sequenze di decesso), ma se la consueta diatriba etico-generazionale tra padre e figlio o il sacrificio eroico, ma improbabile nella vita reale di un esploratore oppure il tradimento egoistico di chi (già condannato dal pubblico per spregiudicatezza economica e mediatica) pensa a salvare solo la propria pelle, etc vengono affrontati con uno spessore psicologico da soap opera allora resta ben poco a salvare la situazione. La musica che grida “adventure” ogni cinque minuti è infine rapportabile all’eutanasia invocata da alcuni membri della spedizione. In alcuni momenti – lo confesso – condivisa.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2022.


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