Prospect

di Zeek Earl and Chris Caldwell (2018)

L’ESORDIO SULLA LUNGA DURATA PER I DUE REGISTI DI SEATTLE RIFORMULA E AL CONTEMPO RISPOLVERA UN’ATTITUDINE ALLA SCRITTURA FANTASCIENTIFICA CAPACE DI ESPRIMERE – ATTRAVERSO UNA SENSIBILITÀ ESTETICA NOSTALGICA – INTERESSANTI PROSPETTIVE NARRATIVE CAPACI DI SOPRAVVIVERE AL FILTRO DI UN’INEVITABILE PERCEZIONE MODERNA.

durata: 100’
produzione: USA
cast: Pedro Pascal, Sophie Thatcher, Jay Duplass
sceneggiatura: Zeek Earl, Chris Caldwell
fotografia: Zeek Earl
musica: Daniel L.K. Caldwell

Approcciarsi alla fantascienza senza un grosso budget è da sempre il più frustrante dei limiti produttivi di molti registi. C’è chi si getta nel filone distopico psicologico NoFX, chi abbraccia la facile fascinazione dello steampunk fai-da-te saccheggiando negozi di termoidraulica o chi fa “fantascienza senza fantascienza” (il primo titolo che mi viene in mente è l’interessantissimo “Womb” di Benedek Fliegauf); ma creare un immaginario estetico capace di calamitare fin dai primi minuti attenzione e non dico credibilità (scordatevi inezie come fluttuazioni in assenza di gravità…), ma coinvolgimento senza preoccuparsi di come sarà la storia…non è cosa da poco.

E quello che salta subito all’occhio nel film dei due registi e è esattamente questo: sembra un film del secolo scorso, ma con un approccio contemporaneo.

A dire il vero non più che moderno, con barlumi bohémien: un breve sguardo alla maglia consunta del lercio protagonista iniziale [Jay Duplass] degna di Trinità, l’atteggiamento estorsivo di chi lo rapina lungo il sentiero…, le antiquate armi a canna lunga, la ricerca spasmodica di qualcosa di rapportabile al nuovo oro come in una futura Eldorado …diventa immediata la sensazione di vivere un’atmosfera tipica del western. E come in ogni buon western che si rispetti non mancano ovviamente i duelli con fuochi incrociati.

Spostando invece lo sguardo dai meravigliosamente pteridofitici, primitivi paesaggi esterni verso la scenografia degli interni – che a tratti pare concepita da Jean Giraud – ci viene presentata una tecnologia che è sicuramente un passo avanti, ma (coerentemente) senza vistose esagerazioni: una sorta di versione sobria, meno ’natalizia’ del carpenteriano “Dark Star” ma con la peculiarità di essere tutto terribilmente vissuto, consunto, in parte anche rugginoso; e precario. Tuttavia addolcito da familiari decorazioni che rimarcano la presenza di una figura umana molto giovane costretta a trascorrere quelli che sono reputati gli anni più difficili della crescita in un ambiente angusto e a giudicare sempre dall’aspetto del padre neanche tanto salubre… (non manca il dettaglio di unghie sporche).

E per esser precario lo è davvero. Non ci si stupisce quindi se una navicella che ha un guasto fa fumo come una vecchia Chevrolet. Ogni singolo particolare fa parte di un insieme scenografico a cui ci si abitua facilmente.

Avvolge tutto una meravigliosa fotografia ‘vintage’ che scaccia via qualsiasi esitazione prima di immergersi in una storia che pur non proponendo quasi niente di nuovo come soggetto, ha uno script che gioca comunque sull’attenta sequenzialità di alcuni punti cardine, un accurato uso di neologismi, ma anche nuove soluzioni grafiche e calligrafiche e l’introduzione moderata, old school, ma credibile di “effetti speciali” quasi privi di CGI o più tendenti allo stampo prostetico.

Come nel caso dei misteriosi tuberi, legati alla terra da una sorta di cordone ombelicale e che racchiudono una pietra simile all’ambra, dall’inestimabile valore, ma di difficoltosa estrazione. Oppure, immancabilmente, uno spartano intervento chirurgico reso obbligatorio da infauste circostanze.

Pochissime le perplessità che possono inficiare la fruizione del film. La prima, particolarmente palese, riguarda la direzione attoriale all’interno di un cast già ridotto all’osso.

Pedro Pascal, con un intenso passato televisivo, offre una buona prova da bandido, ma stupisce per la repentina svolta ‘paternalistica’ verso l’ex-antagonista, appena maggiorenne Sophie Thatcher, la cui improbabile, apatica reazione al lutto (ma anche alla vendetta) non combacia assolutamente con l’impeto ribelle e il sincero entusiasmo dimostrato per la letteratura.

La seconda, presumo molto più personale, riguarda il commento sonoro, pertinente, adeguato, ma che saccheggiando per il leitmotiv il “Confutatis Maledictis” mozartiano non fa molto onore all’autore: l’omaggio / la citazione è qualcosa di ben diverso. Tolto questo un film di ‘fantascienza alternativa’ (ma potremmo serenamente parlare di retro fantascienza) che resta molto con i piedi per terra, ancorato a una realtà umana fatta di concreti bisogni economici, come un mutuo sottoscritto per comprare una navicella, piuttosto che perdersi in faraonici e pericolosi viaggi spazio-temporali. E un prodotto filmico che ha per molteplici aspetti molto di più da dire di tante produzioni miliardarie sempre più omologate.

Resta da scoprire – e il buon Peter Jackson ai tempi ne ha dato prova – cosa sarebbero in grado i nostri di realizzare con un budget…stellare.

Il film è uscito in Italia nel 2019 per la Blue Swan Entertainment e distribuito dalla Eagle Pictures sia in DVD che BD. La versione blu ray da me visionata riporta solo un frammento irregolare della locandina, ma il motivo è prettamente funzionale: come gli altri titoli della collana “Originals” il packaging presenta uno sfondo soft touch a tinta unita nera con un frammento della suddetta e logo con finitura UV selettiva a rilievo. Per in non addetti al settore, qualcosa di molto elegante e piacevole tanto alla vista quanto al tatto. All’interno un amaray anch’esso nero, con stampa monofacciale che mostra la locandina qui raffigurata interamente e come nella tradizione ‘combo’ il film sia in versione BD che DVD, se lo volete far vedere a vostra madre. EAN: 5053083168353

A cura di Luigi Maria Mennella © 2022.


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