Pasto umano

di Ryan Nicholson (2006)

Una sorta di clone low-budget ‘made in P.R.C.’ di “Hostel”? No, molto peggio. Cerchiamo con il dovuto sarcasmo di comprendere il perché.

titolo originale: “Live feed”
sceneggiatura: Ryan Nicholson
durata: 81′
produzione: Canada / Cina
cast: superfluo citarlo, perché ricordo che il 97% si sia successivamente dedicato al settore agricolo. Il 3% purtroppo no.
fotografia: Sasha A.Popove
musica: Patrick Coble

Premessa (diamo a Cesare quel che è di Bruto): nell’ambito di una facile associazione di contenuti, Ryan Nicholson, factotum dietro questo lavoro [qualcuno lo ricorderà come VFX designer con all’attivo un’onorevole e intensa carriera fatta anche di importanti collaborazioni] ha tenuto a precisare che aveva scritto la sceneggiatura prima dell’uscita ufficiale di “Hostel” con il quale indubbiamente condivide i collegamenti al mondo degli snuff, torture porn, etc ma che a esso comparato ahimé diventa “Quarto Potere”.

Il perché è presto detto. Livello tecnico ai limiti dell’imbarazzante: dalle riprese parkinsoniane, passando per un montaggio frastagliato e disarmonico, fino alla fotografia che nel migliore dei casi è tirata via (la scena diurna finale è a dir poco improponibile). Il tutto affidato a una cognizione registica quasi interamente basata sulla componente splatter tout court e non certo sorretta da un cast adeguato alla drammaticità degli eventi.

Il plot merita di essere citato: solito gruppo di amici (5) in vacanza, in Cina per l’esattezza, in vena di emozioni forti (concetto esplicitato dall’iniziale e ridondante pole-dance a nudo integrale), che dopo la shockante “visione” (il basso budget ci ha in realtà salvato da una pedissequa messa in scena) di un cane macellato davanti a loro in un mercato notturno, sorta di prolessi della futura crudeltà che incontreranno, finiscono per fare quello che avrebbero potuto tranquillamente fare in un qualsiasi locale di swinging a Brescia, ma senza rimetterci la pelle.
Ma perché privarci del resto? Ecco allora che sullo sfondo di un’incombente alleanza tra Yakuza e Triade, l’investigazione di un vendicativo detective giapponese (il cui fratello scopriremo esser stato scoperto, torturato e ucciso dal sadico boss della zona) diventerà il trait d’union con le avventure ormonali dei nostri turisti birichini poi dimezzati (in tutti i sensi) all’interno di in un locale, il Venus Theatre. Locale che realizzeremo esser frequentato / sovvenzionato dalla mala più perversa (il ‘caso’ vuole che sia invischiato il suddetto boss) e che ha la peculiarità di intrattenere i suoi ospiti con riprese a circuito chiuso di snuff e cucina rigorosamente a base di carne umana. Specialità della casa ‘rollè d’uccello’ (apoteosi trash del film).

C’è tempo di imbastire una scappatella extra-coniugale, qualche dissapore dovuto a un’ejaculatio praecox, una disquisizione / degustazione culinaria antropofaga rigorosamente in cinese né doppiato né sottotitolato (diciamo molto ottimisticamente per aumentare la sensazione di distanza emotivo-culturale), un po’ di psicopatica tortura per accontentare il pubblico in TSO più esigente, un po’ di cocaina, dialoghi della stessa profondità di un tappo di acqua minerale e poco più che sto cominciando a rimuovere dalla mente per legittima difesa. E ovviamente, ca va sans dire…sangue come se non ci fosse un domani.

La caratterizzazione dei cattivi – che a costo di risultare antipatico ricordo che sarebbe preponderante in pellicole di questo tipo – non risolleva infine le sorti: dall’afasico bigliettaio sorta di versione pechinese di Zio Tibia passando per il praticamente insignificante boss della Triade fino all’energumeno utilizzato anche per la locandina, che sembra uscito da un album dei Pungent Stench. Il Macellaio (questo il nome del personaggio) nonostante la mole fisica e il look che avrebbero potuto far presagire un grande potenziale da franchise slasher si perde in una gestualità totalmente priva di proprietà ansiogene o terrorifiche.

Musica perfettamente adeguata allo spessore del film. Per la precisione sembra tarata sul palestrato che muore per primo. E con questo penso di aver detto tutto.
Masturbazione mentale finale: il titolo gioca con il duplice significato di “diretta(video)” e il valore semantico di nutrimento insito nella parola “feed”?

In conclusione, se rientrate nella tipologia di persone che pensano che un film possa essere divertente in ragione della sua bruttezza [in realtà ho visto di peggio in vita mia] e disattese intenzioni, amerete questo titolo.

Il film concepito per il mercato direct-to-video in Italia è uscito (fortunatamente) solo in formato DVD (classico DVD box nero con stampa monofacciale), con una qualità da VHS… Prodotto dall’Avo Film di Milano. E (sempre fortunatamente) è fuori catalogo.
EAN: 8010927092394.

Il regista è prematuramente scomparso per un tumore al cervello, ma – anticipando qualsiasi cinica congettura – non credo che il risultato finale sia imputabile a questa disgrazia…che mi ha anche fatto sentire indelicato per aver scritto questo articolo.
Ryan Nycholson è venuto a mancare più o meno alla mia età di adesso che sto scrivendo e quindi molto apotropaicamente e affettuosamente conserverò la mia copia…

A cura di Luigi Maria Mennella © 2021.


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