Milano odia: la polizia non può sparare

di Umberto Lenzi (1974)

durata: 100’
produzione: Italia
cast: Tomas Milian, Ray Lovelock, Gino Santercole, Anita Strindberg, Henry Silva, Marilù Porrino, Luciano Catenacci, etc
sceneggiatura: Ernesto Gastaldi
fotografia: Federico Zanni
musica: Ennio Morricone

Fulgido esempio di cinema poliziesco scomodo e oggi ‘moralmente’ improponibile (la tradizionale storpiatura “poliziottesco”, spesso a metà tra canzonatura dispregiativa e affettuoso riconoscimento dei fan calza davvero stretta), il primo film con Milian doppiato da Amendola passa alla storia proprio grazie alla memorabile performance del mai troppo rivalutato attore cubano. La regia di Lenzi è pulita, fluida, incalzante in virtù anche del montaggio di Alabiso, (già abile collaboratore di Leone) e incanalata sul giusto ritmo. Probabilmente in uno stato di grazia nonostante la banalità del soggetto che tuttavia è specchio di una triste fedeltà di cronaca a seguito di ramificazioni malavitose marsigliesi in Italia. E trova sicuramente un perfetto connubio con gli inseguimenti di repertorio firmati / filmati dal recentemente scomparso stuntman Rémy Julienne, da cui già Martino aveva attinto. Il tocco di Morricone è riconoscibile fin dalla prima martellante partitura iniziale che di tanto in tanto passa il testimone al suadente leitmotiv di sax che trasuda noir da ogni nota. Ma, come accennato, il lavoro di Milian sul personaggio di Giulio Sacchi è straordinario. Un crescendo, ma sarebbe il caso di dire una catabasi sempre più profonda, sempre al limite del parossismo di crudeltà che non sdegna neanche eccessi apparentemente ridondanti, ma funzionali nel delineamento psicotico (la scena dell’orsacchiotto, quasi omaggio all’Hans Beckert immortalato da Lang) o di cinismo (la famosa, anche per il topless della Toros, scena del lampadario/roulette o la drastica interruzione del ‘fidanzamento’ con la Strindberg). Tuttavia sapientemente calibrata dall’attore che, complice anche l’utilizzo poi dichiarato di espedienti ‘farmaceutici’ o le sue consuete improvvisazioni/intuizioni fuori-script (tra le più originali quella del finestrino nell’agguato notturno alla coppia appartata in auto) è stato capace di restare sempre credibile nella frequente alternanza tra freddo calcolo e furia omicida. A causa dell’improvvisa dipartita dell’americano Richard Conte, la produzione ripiega su Henry Silva per il ruolo antagonista per lui inedito di ‘buono’, ma la scelta non è stata avventata. Pur restando defilato nel tessuto narrativo, sorta di meneghina trasposizione del celebre commissario siegeliano l’attore dallo sguardo glaciale, claudicante (il pensiero va al futuro Scialoja di Sollima) suggella un epilogo che sembra quasi profetizzare tra i sacchi dell’immondizia la (ri)nascita da lì a poco del ben noto personaggio ideato dal duo Sacchetti/Lenzi e da lì a poco diretto nel successivo “Il trucido e lo sbirro”.

Impossibile non segnalare l’ottima versione in blu ray restaurata dall’inglese Shameless (con il titolo conosciuto all’estero di “Almost Human”), come sempre con interessanti contenuti extra e copertina reversibile riportante una delle locandine originali.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2023.


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