L’ultimo uomo della Terra

di Ubaldo Ragona / Sidney Salkow (1964)

durata: 86’
produzione: Italia, USA
cast: Vincent Price, Giacomo Rossi Stuart, Franca Bettoia, Emma Danieli, etc.
sceneggiatura: Umberto Ragona/Furio M. Monetti – versione italiana, William F. Leicester/Logan Swanson (Richard Matheson) – versione americana
fotografia: Franco Delli Colli
musica: Paul Sawtell, Bert Shefter

Fiore all’occhiello nella filmografia italiana di genere che pur risentendo dei consueti limiti di budget (ma neanche troppo opprimenti in questo caso) offre allo spettatore una pellicola tanto brillante nella messa in scena (sicuramente la miglior trasposizione del romanzo “I Am Legend” di Matheson del ’54) quanto seminale nella produzione orrorifica a seguire (Romero in primis). Al di là della diatriba in termini di paternità tra versione italiana e quella americana, dove il suddetto Matheson partecipa sotto pseudonimo alla stesura dello stesso script, il connubio tra la desolata ambientazione italiana (riconoscibilissimo l’EUR) e internazionalità del volto dell’istrionico Price decreta l’assoluto successo <a posteriori> del film. Una pellicola nata in piena guerra fredda e che risente di tutto il sottotesto sociopolitico da essa scaturito, così come delle sue contraddizioni e derivato pot-pourri culturale: zombi, certo, ma anche vampiri generati da batterio…da cui ci si difende con l’aglio (che è un antibatterico naturale, ok…) ma ipoteticamente creati da spillover di pipistrello (…) e sul finale si cita San Sebastiano (Price trafitto) se non Cristo stesso (“perdonali…non sanno quel che fanno” / Vangelo secondo Luca 23:34). L’atmosfera che si respira e stravolge i canoni gotici dell’horror tradizionale è assolutamente asfittica, soprattutto nella prima parte isolazionista. Persistendo infine la percezione di un’assoluta assenza di speranza nella narrazione – complici il magnificamente tragico accompagnamento musicale orchestrale così come il comparto foley (si pensi alla persistenza del vento, contestualmente foriero di morte, nella parte analettica) od oppure l’algida fotografia di contorno- il film risulterà tuttavia, paradossalmente, foriero di stimoli vitali per molta della cinematografia che a partire da quegli anni si sarebbe sviluppata; traendone più o meno consapevolmente ispirazione.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2023.


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