Licorice Pizza

di Paul Thomas Anderson (2021)

durata: 133’/134′
produzione: USA
cast: Alana Haim, Cooper Hoffman, Sean Penn, Tom Waits, Bradley Cooper, etc
sceneggiatura: Paul Thomas Anderson
fotografia: Paul Thomas Anderson, Michael Bauman
musica: Jonny Greenwood

Rassicuro subito gli amici gourmands: quello che annuncia il titolo non verrà mai servito, ma è ‘solo’ il buon vecchio LP (quindi anche acronimo), così chiamato nello slang della Los Angeles in cui il regista è cresciuto. Ma è anche ovviamente simbolo di un periodo culturalmente seminale già tributato in “Boogie Nights” o “Vizio di forma”; così come di un omonimo negozio della città gestito da autentici melomani che offrivano liquirizia agli avventori. L’input dei ricordi adolescenziali trova quindi una naturale estrinsecazione nello sviluppo della storia di due ragazzi che vivono intensamente la propria epoca con due prospettive parzialmente centrifughe (il gap generazionale ha un suo peso) pur nel magnetismo di una congiunzione destinata forse a compiersi. Almeno cinematograficamente, ma il finale non libera dalle perplessità in merito alla possibilità di un sentimento ostacolato da complicazioni anche giuridiche: contro i 15 anni di lui in un momento del film si parla quasi del doppio per lei. Come di consueto nella cifra del regista la narrazione è brillante, raramente lineare (non mancano le divagazioni, anche se c’è da dire spassose) e – cosa che magari farà storcere il naso ai più intransigenti – non sempre stilisticamente / espressivamente coerente;  ma la qualità non c’entra: qui si parla di scelte registiche ben ponderate. Soprattutto se rapportato all’epicità del “Il petroliere” o la messa in scena chirurgica del precedente “Il filo nascosto”. Non dovrà quindi stupire l’alternanza di momenti deliziosamente cineastici (si pensi ai long takes iniziali, dove il regista predilige agli stacchi di montaggio un gioco di piani focali o l’utilizzo degli specchi come alternativa al classico campo/controcampo) ad altri più ‘leggeri’. Leggerezza talvolta parodistica, come nel caso dell’attore dal gomito facile e narcisista Jack Holden [interpretato da Sean Penn che richiama quel William Holden diretto da Wilder negli anni 50], il regista megalomane Rex Blau [interpretato da Tom Waits modellato sul Mark Robson de “I ponti di Toko-Ri”] o anche il Jon Peters affetto da satiriasi e psicotici deliri di onnipotenza [interpretato dal Bradley Cooper e ispirato dall’omonimo produttore ai tempi in relazione con Barbra Streisand di cui era solo il parrucchiere prima della propria scalata al successo]. Ma leggerezza talvolta parossistica, come nel caso dell’improbabile guida in discesa di un camion di notte in retromarcia tra le curve della città. Un plauso particolare va sulla scelta degli attori principali, in netta controtendenza -pur tra tanti importanti cammei- con l’iper-estetismo hollywoodiano: l’involontariamente arpiesca e non più ragazzina Alana Kane [assonante interpretazione di Alana Haim, ovvero una delle tre sorelle / trio musicale Haim – immortalate nell’iniziale scena in cucina iniziale, a memoria anche con la madre] e il giovanissimo pacioccone esuberante Gary Valentine [degno figlio d’arte del compianto P.S. Hoffman]. Scelta che agevola lo spostamento di attenzione sul genuino verismo di due giovani che nessuno potrebbe considerare socialmente avvantaggiati da un bell’aspetto; e sappiamo benissimo quanto la superficialità influisca ieri come oggi. Piuttosto a modo loro si piacciono in modo riflessivo e relazionale, utilizzano intelligentemente i propri punti di vantaggio sull’altro (posizione economica e conoscenze settoriali lui, maggiore età e maturità lei), si auto-compensano (la verve imprenditoriale di lui, la volontà emancipativa e coscienza politica di lei), si auto-determinano, si incontrano. Dopo lunghe, metaforiche (rin)corse. Cosa accadrà nel dopo di questi due ragazzi non è prevedibile, così come lo spettro -in entrambe le accezioni- delle loro età e attitudine, ma anche così come predisposto da una scrittura dove è sottile il confine, anche semantico, tra storia raccontata e racconto in un momento storico. 

A cura di Luigi Maria Mennella © 2023.


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