La casa in fondo al lago

di Julien Maury e Alexandre Bustillo (2021)

titolo originale: “The Deep House”
durata: 85’
produzione: Francia/Belgio
cast: James Jagger, Camille Rowe, Eric Savin
sceneggiatura: Alexandre Bustillo, Julien Maury
fotografia: Jacques Ballard
musica: Raphael Gesqua

Quante case nel cinema horror…questa se non altro ha il pregio di cambiare scenario, apportando una ventata di aria relativamente (un es. a caso, 1980 – “Inferno” di Argento) fresca al format, a metà tra escape room e ghost movie. Sul piano tecnico il duo si è sicuramente prodigato e le sequenze subacquee, infarcite di finti girati amatoriali, sono fotografate/girate egregiamente, anche se risultano spesso tremendamente confusionarie sul piano logico-formale.  Difficile empatizzare con i protagonisti quando non è chiaro neanche se si tratti si una ripresa soggettiva od oggettiva. Alcuni dettagli – tra improbabili stati di conservazione e assurde interazioni con le leggi della fisica – vanno ironicamente ad adagiarsi su un piano parallelo allo stupore che gli stessi protagonisti mostrano verso altri fenomeni bizzarri dell’ambiente. E a ben poco serve la giustificazione metafisica: siamo a metà tra la licenziosità artistica reiterata e la boiata tout court (un esempio a caso tra molti: il ruolo dell’elettricità sott’acqua). A rincarare la dose lo script, che annuncia i propri limiti non appena ci si avvicina alla location oggetto del ‘dramma’ per poi peggiorare nella gestione delle informazioni (serial killer, riti satanici, torture, linciaggi, conversioni, possessioni…un pot-pourri narrativo): sprecando un interessante potenziale, i registi propendono piuttosto a indugiare in papabili MacGuffin che non si è capito se ridondanti o proprio dimenticati in fase di scrittura. Non è infine di supporto certo una grande caratura attoriale [il figlio di Mick Jagger e la modella Camille Rowe terribilmente dimagrita] che possa anche riscattare una pur minima forma di simpatia metacinematografica verso un aspirante influencer. Lo youtuber infatti convinto di creare contenuti interessanti, spera di campare con le visite al suo canale su cui carica video di genere urbex e trascina dietro una fidanzata sempre più insofferente e infine immolata sull’altare della di lui vanagloria. Distraggono dalla noia più totale giusto qualche attimo di appena decente elaborazione claustrofobica, ma tocca attendere l’angosciante e salvabile epilogo (che richiama il fallimentare, quasi profetico momento apnoico iniziale) per destarsi dal torpore percettivo, giacché l’attrito dell’acqua ha oltretutto impossibilitato quell’abusato espediente psico-acustico da logorio di telecomando chiamato “jumpscare”.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2022.


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