L38

di Stefano Torrini (2018)

“L38” alias “Laurentino 38” è un film che appartiene totalmente all’omonimo quartiere romano, a partire dal casting fatto in zona che ci consegna attori, o meglio involontari caratteristi non professionisti che nella propria fisicità truce si ergono al di sopra della stessa storia.

sceneggiatura / fotografia: Stefano Torrini
durata: 68
produzione: Italia
cast: Mino Bonini, Fernando Sciarabba, Massimo Vitale, Lorenzo Bran Wolfrider, Andrea Branca, Stefania Bonini, Umberto De Titta, etc
musica: Matteo Marziali

…e la storia parla di un gruppo di delinquenti, conoscenti (il concetto di “amicizia” o affettività in genere non trova alcun riscontro durante tutto il film) dediti a ovviare alla propria indigenza attraverso la produzione di snuff movies commissionati da un improbabile proprietario di autofficina, Sergio il Pappa / Massimo Vitale. In realtà le sequenze che riguardano specificamente questo sono spesso sbrigative e tutt’altro che morbose. Scelta artistica? Povertà di mezzi? Il lavoro in post-produzione di VFX, con una resa decisamente posticcia (a confronto gli schizzi dei videogames sono solitamente più credibili) lascia propendere per la seconda ipotesi.

L’apporto analogico si limita a esagerare solo in un paio di sequenze (una mano mozzata dopo 3-4 colpi di mannaia – neanche con le ossa di Wolverine… o una coltellata che espone le interiora in un modo che avrebbe lasciato perplesso anche il buon Massaccesi). E per un genere come questo – che piaccia o meno – le premesse non sono buone…

Sentore avuto già nei primi minuti di girato, al primo intervento di foley (un calcio dato a una vittima che sembra estrapolato dalle scazzottate dei film di Bud Spencer) che mi ha fatto esclamare: “Ahia!”. E non tanto per empatia verso il dolore fisico della ragazza rapita, ma per la preoccupazione di esser in procinto di assistere a qualcosa di veramente approssimativo. Però, siccome credo che arrivare alla fine di prodotti come questi rientri nel vero nichilismo umano, sono stoicamente arrivato ai titoli di coda (con lo scrolling più lento che ho visto in vita mia, tra parentesi).

Sicuramente sorvolando sulle capacità attoriali (ho visto onestamente di peggio e ho percepito comunque impegno), dove non mancano sorrisi sardonici che oscillano spesso tra il malefico e il “me vie’ da ride”…, è indubbio che il vero fulcro di “L38” siano i personaggi; tutti rigorosamente ribattezzati con soprannomi di borgata – che tanto ci piace a noi nostalgici di “Romanzo Criminale”, nessuno che si esprima al di sotto di una media del 50% di parolacce e il 20% è distrutto dalla presa diretta, quasi tutti con una storia alle spalle che in un modo o nell’altro viene ricordata; e soprattutto tratti somatici che restano impressi nella mente dello spettatore. La parte migliore del film, a mio avviso.

Citandoli a caso: Er Ceceno / Rosario Sciarabba (il regista snuff con il vizio del gioco, un attempato biker con i capelli tinti a metà tra Iggy Pop, Toro Seduto e il Cesare di “Amore Tossico”), la Contessa / Stefania Bonini (la clochard antropofaga truccata come Charlie Sheen che esce dalla palude in “Apocalypse Now”), Tagliacarte / Antonello Loi (una sorta di subnormale che uccide “anche gratis”, getta i cadaveri nel cassonetto lasciando scie di sangue per strada e ha un volto che ricorda il pittore Ligabue)…

…e last but not least il ‘buono’ del film… Er Cristo / Mino Bonini (interprete anche del brano rap omonimo nella soundtrack, così come la sopraccitata – sorella? – ha curato i vocalizzi femminili): pacioccone iper-tatuato come un trapper, che uccide spesso a mani nude (non a caso si allena a dare gomitate alle colonne di casa…), ma ha tragicamente gli occhi dolci. E’ quello che fa sempre il lavoro sporco (picchiare, uccidere, trasportare le vittime), ma che – fondamentalmente animato da buoni principi (i ragazzini non si toccano, perché a differenza dei protagonisti hanno ancora una speranza di non diventare reietti come loro) – non esita alla fine, parzialmente riscattando le proprie colpe, a togliere dalla faccia/feccia della terra i propri compagni o chi voleva espandere la produzione verso i suddetti per fare più soldi.

I personaggi secondari non sono da meno e umanamente parlando hanno il proprio passato e presente stampato sul volto. Perfettamente funzionali.
Su tutto aleggia l’aura di un marcio verismo (fatta eccezione per la totale assenza delle forze dell’ordine) che se da un lato intende sicuramente mettere allo scoperto i risvolti dell’animo umano, dei suoi bisogni primari e le sue precarietà, succube del contesto socio-economico in cui è cresciuto, dall’altro deve fare i conti con una messa in scena certamente avvantaggiata sulla parte scenografica, del trucco, costumi, etc, ma purtroppo carente sotto l’aspetto prettamente registico.

Il film è visionabile su Amazon Prime a questo LINK.

Per chi vuole invece sostenere l’autore, esiste anche la versione in DVD, prodotta nel 2019 dalla Home Movies (distribuzione Terminal Video – EAN: 0634438248224).

A cura di Luigi Maria Mennella © 2022.


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