L’uomo d’acciaio

di Zack Snyder (2013)

titolo originale: “Man of Steel”
durata: 143’
produzione: USA / GB
cast: Henry Cavill, Amy Adams, Russel Crowe, Kevin Costner, Michael Shannon, Laurence Fishburne, etc
sceneggiatura: David S. Goyer
fotografia: Amir Mokri
musica: Hans Zimmer

Dimenticando il prologo kitsch completo di draghi volanti addomesticati e fedeli come cani, il reboot di Superman è in sostanza un film che riprende elementi dell’originale, ma poi vola per la sua strada. L’evoluzione fumettistica degli ultimi anni e in particolare in seno alle graphic novels dove spesso si osa di più in termini di script hanno portato a nuovi sviluppi il personaggio creato dal duo Siegel / Shuster; e questo – sommato allo zampino di Nolan nel soggetto/produzione – con buona probabilità avrà spinto la produzione a muoversi incontro sia all’esigenza di contemporaneizzazione espressa da un pubblico giovane sia a quella di un restyling per un pubblico già ampiamente soddisfatto a suo tempo e che – per questioni anagrafiche (proprie e del fumetto) è sicuramente tra i più vecchi dei nostalgici DC.
Quello che ne scaturisce è una sorta di film di avventura fantascientifica che alle volte – se non fosse per la S sul costume (che qui – incrementando la percezione di distanza – diventa “Speranza” e il foley tronca bruscamente quando viene riferito a “Superman”), il mantello rosso e poco più – conduce lo spettatore a immergersi altrove, perdendo spesso i legame mnemonici con l’originale. Non che il risultato finale sia sgradevole. Diciamo che da un lato Synder s’è fatto prendere la mano con il processo di svecchiamento e dall’altra innegabilmente sa confezionare ottimi prodotti supereroistici. Effetti speciali notevoli, fotografia idem, l’epicità della musica di Zimmer si riconosce da subito per tonalità e timbrica ibrida, il sound design è ottimo (apice sulla programmazione del synth dietro alle macchine terraformanti). Poi il cast affianca carte sicure di attorialità navigata [Crowe, Costner, Fishburne, Shannon] a prestanti e tormentati talenti per la nuova generazione [il protagonista Henry Cavill] lasciando spazio nel mezzo per una pennelleta di sensualità evergreen con la partecipazione di Amy Adams. Le turbe giovani trovano attingendo da “Smallville” la propria contestualizzazione narrativa. E infine tanta action satura di devastazione apocalittica e – perché no? – una pennelletta di ‘ggiovinezza’ grungiana (idea che sarà poi ripresa in futuro, come ad es. nell’ultimo Batman) con la superba e graffiante voce del compianto Chris Cornell. Manca il gioco d’identità di Clark con Lois, manca Lex Luthor (a memoria compare solo come citazione pubblicitaria), manca la kryptonite (sostituita da una sorta di forte somatizzazione idiosincratica verso tutto ciò che proviene dal pianeta), manca – e qui voglio essere metonimico – il boccolone dello sfortunato Christopher Reeve, ma Zod risolve definitivamente e in maniera inaspettatamente terrestre i suoi problemi di artrosi cervicale: miracoli della chiropratica.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2022.


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