Kyashan – La rinascita

di Kazuaki Kiriya (2004)

titolo originale: “キャシャーン ” (Casshern)
durata: 142’
produzione: Giappone
cast: Yusuke Iseya, Kumiko Aso, Akira Terao, Kanako Higuchi, Fumiyo Kohinata, Hiroyuki Miyasako, Jun Kaname, etc
sceneggiatura: Kazuaki Kiriya, Dai Satō, Shotaro Suga
fotografia: Kazuaki Kiriya
musica: Shiro Sagisu, Satoshi Tomie, Hikaru Utada

Il debutto cinematografico per il factotum giapponese Kiriya parte dall’idea di un adattamento/live action dello storico anime degli anni 70 per tradurlo in un prodotto visivo e narrativo stupefacente nel primo caso, soporifero nel secondo. Se da un lato tutto quello che pertiene l’aspetto visivo – di fatto reale come le banconote da 2 euro, ma indubbiamente suggestivo – assolve al suo dovere di comunicazione metalinguistica, spostandoci nel corpo della storia l’attenzione vacilla frequentemente. Talvolta per i dialoghi al limite dell’aulico, talvolta per un scarsa fluidità della sceneggiatura (ammetto – forse complice l’indotto abbraccio di Morfeo – di essermi perso un paio di volte domandandomi come questo o quello fosse ancora vivo), tantissima introspezione psicologica e abuso analettico che dilunga oltremodo la durata del film a scapito della forse da molti attesa parte action; e non ultimo il sermone politico che finisce per auto-annientarsi nella propria ridondanza. Ridondanza che non risparmia neppure la pur ben realizzata colonna sonora. Non mancano infine le rivisitazioni di alcuni dettagli (es. il casco, abbandonato fracassato in laboratorio prima della fuga) e personaggi (es. Burai) così come invece mancano, rispetto al cartone animato che guardavo da bambino, la trasformazione in robot dei comprimari (la madre Midori o il cane Lucky/Flender a memoria antesignano dei Transformers): peccato…”miliardo in più, miliardo in meno” potevano aggiungere anche questo a un’opera che oltretutto fa dell’aspetto meccanoide uno dei suoi punti di forza insieme a imponenti scenografie erte tra distopia e totalitarismo o una fotografia che talvolta fa concorrenza al “Domino” di Scott, altre propende verso contestualizzate monocromie. Il tutto non esente da una sottile vena poetica. La versione italiana conserva la storpiatura (probabilmente anche per motivi di marketing) del nome nata ai tempi e dovuta a un’errata trascrizione della pronuncia dell’originale giapponese “Casshern”. Complessivamente esagerato nel bene e nel male e destinato a trasformarsi in un titolo home video a rischio di monouso.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2023.


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