It comes at night

di Trey Edward Shults (2017)

durata: 97’
produzione: USA
cast: Joel Edgerton, Christopher Abbott, Riley Keough, Carmen Ejogo, Kelvin Harrison Jr., etc.
sceneggiatura: Trey Edward Shults
fotografia: Drew Daniels
musica: Brian McOmber

Il soggetto del film affonda intelligentemente le sue radici in un’archetipica fobia verso l’estraneo (extraneus=esterno) da cui i protagonisti si difendono mediante la reclusione domestica. Assecondando, ma dilatando all’inverosimile l’intuizione lovecraftiana dell’orrore da non mostrare (subito) il film prosegue in questa direzione, smarrendosi purtroppo in 97 minuti di pressoché assenza di dinamica narrativa, prossima alla stasi. Fanno eccezione <ATTENZIONE SPOILER> le quattro sassate mortali che il capofamiglia deve subire prima che la moglie si decida a premere il grilletto in sua difesa. Tra parentesi – crepa nello script – moglie irreprensibile prima sostenitrice della soluzione estrema se finalizzata alla protezione del nucleo familiare. Suggestiva la fotografia cupa degli interni e la scenografia claustrofobica; così come alcune raffinatezze metaforiche: il profetico “Trionfo della morte” bruegeliano o l’inquietante porta rossa, sorta di portale a metà tra sopravvivenza e condanna. Tristamente plausibile il voyeurismo onanista del giovane privato del più basilare empirismo sessuale, ma alla fine questo film horror psicologico non completa nel suo sviluppo (fuori tempo massimo) l’intento di suggerirci che non c’è notte più buia della nostra consapevolezza e che il vero mostro da temere è la nostra diffidenza. Potenziale sprecato.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2024.


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