Il maestro di Vigevano

di Elio Petri (1963)

1963: quello che si manifesta agli occhi dello spettatore è qualcosa che si spinge lucidamente già oltre la datazione della pellicola, a partire dalla vertiginosa inquadratura dal basso delle scarpe di Sordi.

durata: 106
produzione: Italia
cast: Alberto Sordi, Clair Bloom, Piero Mazzarella, Guido Spadea, Vito De Taranto
sceneggiatura: Age & Scarpelli + Elio Petri
fotografia: Otello Martelli
musica: Nino Rota

Vigevano – specifica il voice over iniziale – cittadina la cui produzione industriale principale è quella delle calzature. Scarpe come biglietto da visita nell’accezione (dopo vedremo eccezione) socio-culturale di una sorta di microcosmo geografico, germogliato nella ripresa del dopoguerra e delineato con precisione quasi presepistica, che abilmente riassume la frenesia emancipativa dipinta da alti film del periodo (difficile non pensare al testo di Zavattini diretto da De Sica). E’ altra storia il fatto che poi questa verve sperimentale si mantenga o lasci piuttosto spazio a certe facilonerie macchiettistiche.

A dir il vero spassosa l’aggressività maieutica del “Signor direttore dottore ispettore professor Pereghi” [Vito Da Taranto]- e mi salta subito alla memoria il futuro fantozziano “Direttor. Lup. Mann. Figl. di putt.” – che ricorda al nostro Maestro Mombelli la vera natura del maestro che: “(…) è un miss…miss…” – “Missile!” (Mombelli) – “Missionario, Maestro Mombelli!” (Pereghi). Lo stesso servilismo (“Viva viva il direttore!”) tornerà tra le labbra di Villaggio circa un decennio dopo.
Eppure il Petri pre-Trilogia della Nevrosi nella sua denuncia sociale è già percepibile; nonostante un suo successivo semi-disconoscimento, pur in tal senso corroborato contestualmente dalla prevedibile reazione ostile del corpo insegnante che si è sentito chiamato in causa (si pensi alla sorta di calciomercato a inizio anno scolastico per accaparrarsi gli alunni con genitori più facoltosi, socialmente più prestigiosi o banalmente prole di categorie commerciali più appetibili per le proprie possibili ’mazzette’ in natura) o di quello medico (il dottore della mutua che non sale neanche le scale per assisterlo in preda ad allucinazioni febbrili – parentesi per un adamitico intermezzo onirico – quasi presagio per odierni dottori che curano tramite app).

Come sempre il Sordi migliore è quello che manifesta con gloriosa ignavia le proprie debolezze e con altrettanta stoica accettazione non muove un dito per mutare il suo status (per lo meno fino al ricatto ormonale); fermo restando che un adagiamento non è consentito dalla tensione familiare innescata dalla bizzosa moglie, pentita di aver ceduto al miraggio di una crescita culturale rinunciando a quella economica col senno di poi a lei più cara. Moglie, deliziosa Clair Bloom di chapliniano retaggio che protrae fino agli ultimi istanti di vita la propria affettività e compassione materna nei confronti del fragile marito, nonostante l’ambivalenza e mutazione della propria figura relazionale.

Nonostante il travaso esperenziale / autobiografico dell’autore [Mastronardi, maestro dalla carriera professionale tormentata dal peso delle sue posizioni antifasciste e infine annegatosi nel Ticino], l’alter ego Mombelli sceglie il rassicurante tepore di una sudditanza gerarchica a un ulteriore e forse fatale stravolgimento della propria esistenza che in poco tempo ha visto vacillare ogni sua certezza affettiva, amicale e professionale. Il loop di una (non)vita ricomincia, ma questa volta senza pressioni esterne. Forse in questo assecondamento dell’incessante ritmo generale la sua definitiva acquiescenza in qualità di silente ingranaggio del Sistema costituisce l’unica via di fuga dalla percezione della propria solitudine.

Disponibile in DVD.
La mia copia (classico DVD box nero con copertina a stampa monofacciale) restaurata da negativo originale con audio rielaborato in Dolby Digital 5.1. è edita da FilmAuro (2007, EAN: 8016024031199).
Ancora reperibile, a quanto vedo.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2022.


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