Il cacciatore di vampiri

di Juno Mak (2013)

Con un titolo che potrebbe spaventare più per il mucidume accumulato sul genere cinematografico dagli anni 20 a oggi (e relative aspettative deluse) che dal potenziale orrorifico, quest’opera prima dell’eclettico Juno Mak stupisce invece per raffinatezza formale e originale elaborazione di contenuti visivi e narrativi.

titolo originale: “Rigor mortis”
durata: 101′
produzione: Hong Kong
cast: Chin Siu-ho, Anthony Chan, Kara Hui, Lo Hoi-pang, Richard Ng, Paw Hee-ching, Morris Ho
sceneggiatura: Philip Yung, Jill Leung, Juno Mak
fotografia: Man-Ching Ng (accreditato come “Ng Kai-Ming”)
musica: Nath Connelly

Negli ultimi anni – complice anche l’integrazione di visioni streaming estemporanee – ho preso l’abitudine di approcciarmi a film di cui ignoro totalmente le trame (sempre che si possano definire tali le tre righe che li introducono spesso sulle varie piattaforme); basandomi soltanto sull’immagine pubblicizzata. Un po’ alla stregua di quell’incoscienza giovanile che mi portava a comprare un vinile di un gruppo perché attratto dalla copertina.

Quella che vedo rappresenta il volto di un uomo anziano sfigurato e mal ricucito che indossa una sorta di maschera fatta di antiche monete cinesi. Il richiamo infernale per metonimia all’obolo di Caronte (ognuno ha i suoi riferimenti culturali…) promette bene: decido di proseguire. E non me ne pento: la fotografia di Man-Ching Ng (qui presente con pseudonimo) è ben curata, con un color grading che naviga in una palette molto sobria ed elegante, i movimenti di macchina sono avvolgenti, la scelta delle ottiche e inquadrature tutt’altro che canonica, l’utilizzo del digitale in post-produzione è in alcuni punti carico, ma finalizzato a soluzioni effettistiche molto originali (una a caso la filamentazione ematica sospesa nell’aria che accompagna il movimento degli spiriti delle due gemelle morte).

Montaggio e sceneggiatura a tratti possono confondere, ma sono anch’essi peculiari, giocando abilmente su analessi e sviluppi alternativi che oscillano tra desiderio e memoria di universi metafisici paralleli: vengono innanzitutto presentati gli ultimi istanti del film, poi quello che conduce a questo momento, attraverso il dettaglio dell’occhio del protagonista prostato dalla lotta si giunge a quello che sembra una sorta di inizio alternativo tranchant che avrebbe reso impossibile lo sviluppo narrativo precedente, ma altro non è che il classico fiume di ricordi che scorre velocemente nella mente di chi sta morendo e quindi – da lì il titolo originale – fino al momento del rigor mortis. N.B. Teorie recenti ipotizzano la sopravvivenza dell’attività cerebrale per quasi 3 ore dall’arresto cardiaco, ma per la relatività spazio-temporale einsteniana ovviamente sarebbe bastato molto meno ai fini drammaturgici. L’impietosa ironia della sorte vuole che il desiderio a lungo covato dal protagonista (riconciliarsi con il figlio, ormai adulto), avvenga, ma sul proprio letto d’obitorio per il riconoscimento del suo corpo.

L’impianto scenografico è cupo e trasuda malessere come la vita dei protagonisti, abitanti di un monolitico condominio dove il protagonista [Chin Siu-ho, che sarcasticamente impersona e cita se stesso, avendo fatto parte della serie “Mr.Vampire”], ex-attore che era solito recitare appunto il ruolo di “un cacciatore di vampiri” va ad abitare.
O, meglio, morire dopo esser caduto in difficoltà economiche una volta terminata la sua carriera cinematografica e fallita la sua esperienza matrimoniale. Senza girarci troppo attorno, il suo intento è infatti quello di suicidarsi, ma per evitare che il suo corpo venga posseduto dagli spiriti che abitano ancora il suo alloggio viene salvato da un vicino, memore di una tradizione di famiglia molto particolare e che riemergerà dopo.

Tra i fatiscenti corridoi del palazzo si aggirano persone con un passato saturo di dolore e un presente che cova e alimenta l’oscurità che si scatenerà nella parte finale del film. Caratterizzazioni molto curate che arricchiscono la sostanza narrativa e forza empatica del film. Esaminandoli a caso… Una donna [Kara Hui] traumatizzata dalla morte del marito – che abusava sessualmente di due gemelle di cui era tutore e per questo ucciso da una di esse – e delle suddette ragazze. Evento per il quale non ha più coraggio di entrare nel suo appartamento (il 2442 preso poi da Chin), vive come una sorta di clochard condominiale ed è stata ‘adottata’ dagli altri condomini che si prendono cura di lei e del piccolo figlio biondo (?!), Pak [Morris Ho].

Apro una parentesi: è interessante, ma crudele constatare l’esistenza di casting che vanno a scovare persone che in qualche modo hanno un passato di sofferenza o stile di vita analoga al ruolo interpretato. L’attrice – ‘scoperta’ in un nightclub dove era costretta a lavorare dall’età di 14 anni – ha trascorso l’infanzia in baraccopoli, a seguito di investimenti sbagliati del padre.
Proseguendo… Un ristoratore Yau [un istrionico Anthony Chan] che vive in accappatoio e mutande, sputa grappa nel wok per sfumare il cibo, ma cucina il miglior riso della città: per l’esattezza il riso glutinoso, qualità fondamentale in antichità per la lotta ai vampiri, ma oggi buona solo per cucinare, visto che i vampiri non esistono più… o almeno così sembra…

Zia Mui [una come sempre straordinaria Paw Hee-ching], anziana malinconica che rammenda le vesti dei condomini e non si da pace per la morte del burbero marito, Zio Tung [Richard Ng], al punto di superare qualsiasi limite pur di riportarlo in vita: compreso uccidere il troppo invadente portiere, Zio Yin [Lo Hoi-pang, di vaga miyagiana memoria] o sacrificare il piccolo Pak (questa tra le scene più riuscite del film) che ha avuto l’infausta idea di “farsi scappare la pipì” in un’appartamento dove il bagno è usato come cripta per il marito resuscitato con macabri rituali. Lo Zio Gau [Chung Fat, come il protagonista attore marziale e con una collaborazione di lunga durata con Jackie Chan], ossessionato dalla magia nera, anche perché malato terminale e desideroso di una via di salvezza, che aiuterà Zia Mui nell’aspetto ritualistico ed etico-motivazionale necessario alla resurrezione del marito.
E qui si inserisce la figura del vampiro, con tutto il fascino esotico della sua caratterizzazione ben diversa da quella a cui siamo abituati noi occidentali cresciuti con l’immaginario delle versioni cinematografiche evolutesi a partire dalla più vecchia (il “Nosferatu” di Murnau, ma per correttezza filologia preceduta di un anno dal purtroppo perduto “Drakula halála” di Lajthay), seguita dal noto conte impersonificato da Bela Lugosi, arrivando a quella romantica dell’adattamento stokeriano di Coppola e oltre, ma qui si parla di altro… E sicuramente – a giudicare dalle sembianze zombesche e il particolare modo saltellante di spostarsi – il riferimento culturale folkloristico che mi sovviene è quello del Jiangshi a cui rimando per chi vuole approfondire l’argomento.

E per finire non mancano neanche i riferimenti/citazioni, probabili tributi ad altri classici del genere: “Shining” – gli spiriti delle gemelle (es. l’iconico affiancamento nel corridoio), “Villaggio dei Dannati” – caschetto color platino di Pak, “Hellraiser” – l’ordigno per aprire le porte dell’aldilà di Yao, che cita per meccanica e cromia il celebre cubo di Frank e altro ancora che si amalgama armoniosamente con il tessuto visivo di questo film vampiresco che aggiunge finalmente qualcosa di fresco al genere.

Complementare probabilmente la poliedricità del regista, noto in patria oltre che come attore e produttore, anche come cantante pop e come stilista.

E l’eleganza è palese: nell’aspetto ‘coreografico’ fin dai primi minuti di girato dove tra i lapilli generati dalla combustione del vampiro che vagano nell’aria un pezzo di pergamena danzante li attraversa sinuosamente; così come in quello scenografico degli ultimi, dove sopra una sorta di palcoscenico dalla composta simmetria Mui si suicida accanto al marito, unica ragione di vita, prima di accasciarsi sulle sue ceneri in un ultimo simbolico abbraccio.

Il breve inserto in controluce delle silhouette delle due sorelle (ospitate dal corpo del vampiro) che si accarezzano ci consegnano la rassicurazione che anche loro abbiano infine trovato pace per il proprio dolore.

Il film è uscito in Italia solo nel 2016 per la Blue Swan Entertainment e distribuito dalla Eagle Pictures sia in DVD che BD.
Blu ray da me visionato: amaray nero, con copertina a stampa monofacciale – codice EAN: 8031179943890.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2022.


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