Ghiaccio

di Fabrizio Moro e Alessio De Leonardis (2022)

durata: 95’
produzione: Italia
cast: Giacomo Ferrara, Vinicio Marchioni, Lidia Vitale, Claudio Camilli, Mauro Cremonini, Beatrice Bartoni, Sara Cardinaletti, Vittorio Emanuele Propizio, Mirko Valentino
sceneggiatura: Fabrizio Moro e Alessio De Leonardis
fotografia: Simone Zampagni
musica: Fabrizio Moro

Prima regia del noto cantautore sanremese affiancato dal più esperto Alessio De Leonardis, suo abituale collaboratore per la realizzazione dei propri videoclip musicali.
Storia di formazione / “Bildungs-roman” abbastanza scorrevole che fa leva sulla presa emotiva suggerita dalla dura vita di borgata (negli anni 90 per la precisione), sullo sport come mezzo di speranza emancipativa, sugli ostacoli fisici e morali che i protagonisti devono affrontare, nonostante la loro buona volontà che da sola agli occhi del Fato non è sufficiente a garantirne il riscatto sociale. E come sempre qualcuno ce la fa, qualcun altro no. E – come si suol dire – ‘ci scappa anche il morto’, quasi a voler esaudire le aspettative di un pubblico che percepirà odore di criminalità fin dai primi minuti di girato.
Scegliendo per il cast volti noti dei film/serie “Romanzo Criminale”, “Suburra”, “Rocco Schiavone” etc, la pellicola attinge a piene mani da un repertorio classico che parte con allenamenti ispirati ai vari “Rocky” (non mancano le citazioni) e si avvia alla conclusione con – quando l’ho visto non credevo a miei occhi e orecchie – la solita, trita richiesta di perdere l’incontro, perché qualcuno di più potente ha puntato contro di te. Caduta di stile nello script questa che a stento viene salvata dalla pre-conclusione più sorprendente del film (il “pre” è dovuto a una forse eccessiva dilatazione dell’epilogo). Il protagonista principale, Giorgio [Giacomo Ferrara, volto familiare e caro al pubblico come lo “Spadino” della fortunata serie “Suburra”] è a suo agio nei momenti malinconici, ma meno in quelli di rabbia, dove risulta piuttosto spinto a una non sentita forzatura empatica. L’incontro finale – nonostante il coaching professionale del campione mondiale italiano dei pesi medi Giovanni De Carolis, qui cammeizzato come arbitro [N.B. anche l’antagonista – Mirko Valentino/Lo Zingaro – è un noto campione italiano] – è terribilmente fiacco; e con il suo abuso di clinch (giustificabili forse solo in un’ottica di incontro dilettantistico) e rope-a-dope è totalmente privo di attimi coinvolgenti. Insieme a Lidia Vitale [madre di Giorgio], Vinicio Marchioni offre invece un interpretazione convincente, nel ruolo dello sfortunato allenatore frustrato e regala al pubblico attimi di simpatica tenerezza. Cammeo anche di Tullio Sorrentino nei panni di uno degli strozzini. Come spesso accade in queste ambientazioni, fondamentale è infine per il conseguimento di un’amalgama attoriale veristica il ruolo dei comprimari / caratteristi: uno a caso, Mauro Cremonini [che non vedevo dai tempi della serie “Romanzo Criminale” nei panni del “Bufalo” ormai anziano, ma non per questo meno caparbio]. Fotografia spenta e virato-blu più che adeguata alla componente umorale della storia che alterna piacevolmente momenti drammatici ad attimi di respiro e seppur malinconica umanità. Peccato per la presa diretta lacunosa in alcuni punti e la musica [sempre di Moro] che, a parte una certa acerbità riscontrabile tanto nella scrittura di partiture più complesse quanto nella scelta timbrica, ha purtroppo una connotazione sonora eccessivamente pop per il contesto narrativo intriso di decadente (sub)urbanità.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2022.


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