Geostorm

di Dean Devlin (2017)

durata: 109’
produzione: USA
cast: Gerard Butler, Jim Sturgess, Abbie Cornish, Alexandra Maria Lara, Ed Harris, Andy Garcia, etc
sceneggiatura: Dean Devlin, Paul Guyot
fotografia: Roberto Schaefer
musica: Lorne Balfe

Apparente ennesimo film di genere (catastrofico) che inizialmente stupisce per la virata spionistica, con tanto di farcitura della classica tensione fraterna che affonda le proprie radici nei tempi di Romolo e Remo. Valore aggiunto che se da un lato avrebbe dovuto rendere la trama più ricca, dall’altra, considerando il risultato, finisce per guastare l’unico piacere (adrenalina) che si può ricevere da questo tipo di film. Le scene dei disastri in tal senso, sono realizzate più che dignitosamente, senza particolari guizzi di genio creativo, ma fondamentalmente hanno un livello di presenza molto al di sotto delle aspettative per il genere e con un’involontaria tendenza a un parossismo che suscita più ilarità che compiacimento ironico. L’esperto sceneggiatore Devlin sostanzialmente reitera lo stesso errore commesso con altri suoi successi girati da Emmerich (da “Stargate”, che critiche a parte ha portato a una serie, fino al soporifero “Godzilla”, passando per il proficuo “Independence Day”): scarso approfondimento dei personaggi a favore della spettacolarizzazione basata interamente sugli effetti speciali. Ecco allora che la suddetta virata in sapore di spy-story diventa la classica ‘zappa sui piedi’ e certo non basta il carisma di qualche attore noto a salvare la situazione. Tanto meno alcuni momenti che avrebbero fatto impallidire anche la versione più seagalliana di James Bond [es. su tutte la sparatoria della Cornish in retromarcia sotto il cavalcavia durante una pioggia di saette] o il lavoro infarcito di stereotipi effettuato sui dialoghi. Meglio forse la narrazione parallela degli eventi spaziali, ma il trito combo multi etnico di astronauti alle prese con la tragedia di turno e inclusivo di doppiogiochista non è sorretto purtroppo da un adeguato casting, né ci risparmia punti interrogativi in termini di verosimiglianza nelle parti più frenetiche dell’azione (es. detriti che non lacerano o disassemblaggio di hard disk durante capitomboli nello spazio e tentativi di trovare un appiglio). Le musiche epicomelensi [un Lorne Balfe decisamente non in forma] a supporto di alcuni eventi chiave per fortuna sono state mixate a volume basso e dimezzano il problema di un didascalismo decisamente stucchevole, anche se purtroppo allineato alla media. Sorvolando sul’incipit thunberghiano (che trova un naturale epilogo nel voiceover finale) e un forzato doppio happy ending, film godibile in ragione di un troppo che maschera la pochezza. Attenzione però: trattasi di miracolo monodose.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2023.


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