Domino

di Tony Scott (2005)

durata: 127’
produzione: Francia / USA / GB
cast: Keira Knightley, Mickey Rourke, Edgar Ramirez, Jacqueline Bisset, Delroy Lindo, Christopher Walken, Lucy Liu, etc.
sceneggiatura: Richard Kelly
fotografia: Daniel Mindel
musica: Harry Gregson-Williams, Jan Pomerans

A memoria tra gli episodi di maggiore dinamismo espressivo di Tony Scott, questa sorta di biopic della cacciatrice di taglie Domino Harvey [affidata all’interpretazione sopra le righe dell’allora ventenne Keira Knightley] è un’esperienza pseudo-lisergica fin dai primi fotogrammi iper saturati / virato giallo (giallo che ovviamente tornerà anche nell’artwork per l’home video). Ma la saturazione non si arresta al cromatismo e tocca qualsiasi aspetto; su tutti il montaggio serrato, afasico e caustico verso le campiture ampie e che sembra quasi trovare la sua giustificazione e sintesi concettuale nell’invece circoscritto quadro mescalinico finale. Non è quindi un caso che il film che è stato un flop commerciale sia poi stato amato da autori come Tarantino (non fosse altro per la strutturazione dei dialoghi o confronti armati, per il vigore femmineo, i richiami alla marzialità orientale, e non ultimo il cammeo di Lucy Liu proveniente dal suo casting di “Kill Bill”). Così come non è un caso che il taglio iper-moderno abbia portato l’ormai compianto (e sottovalutato) fratello di Ridley ad essere oggetto di studio nelle scuole di cinema più attente. Tra i pregi (per alcuni difetti) dell’autore, la capacità di rendere sofisticato quello che appare grezzo e sporcare alcune raffinatezze registiche che facilmente sarebbero potute esser tacciate di sterile videomaking; il tutto al servizio di una sceneggiatura improbabile e con qualche problema di ellissi che rende ancor più curioso lo spettatore di recuperare chiarimenti. Ma occorre un approccio stoico: la fruizione non è delle più rilassate. Il ritmo frenetico porta solo a due strade: seguire tutto a regime di massima attenzione per il timore di perdersi momenti salienti oppure crollare sulla lunga distanza. Gli esiti di botteghino purtroppo evidenziano questo secondo percorso/decorso, ma il film resta un esperienza <audio>visiva volutamente disturbante capace di fondere generi come action, road movie, sentimentale, poliziesco, mafioso, terroristico, certamente biografico con tecnica di ripresa tradizionale (poca) e altra più sperimentale o prettamente da videoclip; con esiti prevedibilmente altalenanti e non aiutati dalla lunga durata o patina psichedelica del girato.
Tanti i cammei: da quelli auto-celebrativi (ma parlerei piuttosto di pubblica ammenda in un’ottica satirica) di un paio di interpreti (forse i peggiori) della serie “Beverly Hills 90210”, all’inutile ‘pippone’ paternalistico finale di Tom Waits. Purtroppo marginali gli interventi dell’eccelso Christopher Walken – che fa quasi rimpiangere l’abituale condanna a ruolo di cattivo spietato che da una vita gli viene imposto – e dell’iconica Jacqueline Bisset. Mickey Rourke è ai limiti dell’auto-caricaturale e si liquefa nel flusso narrativo che segue la pellicola. La stessa Domino Harvey compare a cavallo dei titoli di coda (ma morirà poco prima dell’uscita del film).
Il surreale sesso post-incidente stradale richiama forse il cronenberghiano “Crash”, ma con molta probabilità la combinazione della cassaforte tatuata sul braccio (un plauso per la – senza spoilerare troppo – modalità di “isolamento corporale” adottata) è un chiaro omaggio al “Donnie Darko” di Richard Kelly, qui impegnato nella stesura della sceneggiatura.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2022.


© Articolo di Luigi Maria Mennella. Deposito n° 185854 presso il Patamu Registry. Tutti i diritti riservati.
© Immagini (utilizzate ai soli fini di divulgazione culturale senza scopo di lucro) dei rispettivi autori, ai sensi dell’art.70 comma 1 bis, art. 70 cit.

Se hai apprezzato questo articolo, sostienimi. Grazie.
         

post precedente

L’uomo d’acciaio

post successivo

The Punisher

Translate »