Desperado

di Robert Rodriguez (1995)

durata: 106’
produzione: USA
cast: Antonio Banderas, Salma Hayek, Steve Buscemi, Quentin Tarantino, Danny Treyo, Tito Larriva, Joaquim De Almeida, Cheech Marin, etc
sceneggiatura: Robert Rodriguez
fotografia: Guillermo Navarro
musica: Los Lobos, Tito & Tarantula + brani vari (Dire Straits, Carlos Santana, etc)

A seguito di un incremento di budget e ovviamente recasting (alcuni attori come il precedente mariachi Carlos Gallardo torneranno tuttavia in veste di cammeo), Rodriguez continua con questo secondo capitolo la “Trilogia del Mariachi” eleggendo come casus belli il finale tragico del precedente film (ARTICOLO QUI), in parte ri-girandolo con la sostituzione del solo Banderas. Chiarita l’intenzione di sterminare tutti i narcos dell’organizzazione fino al vertice, introduce però alcune rivisitazioni di situazioni/sequenze (es. donna contesa con un villain geloso e vendicativo o la resa dei conti a casa di quest’ultimo) che per certi versi fanno sembrare la pellicola anche una sorta di remake, a metà tra auto-citazione e riscatto artistico. Le differenze qualitative sono subito evidenti [dall’ottima rubinea fotografia di Guillermo Navarro, da questo momento tra gli aficionados della sua crew], passando alle sparatorie acrobatiche con doppia pistola che omaggiano, tra i tanti, “Hard Boiled” e la produzione pre-hollywoodiana di Woo, fino all’interpretazione generale dei comprimari; e ovviamente degli attori principali. Banderas definitivamente consacrato come sfuggente bel tenebroso, Salma Hayek – al suo debutto – sognatrice estremamente sensuale…e quale migliore occasione per non tentare di recuperare i soldi del budget con una lunga e commercialissima scena di sesso a lume di candela (in realtà un numero spropositato di candele) con assolo sexy di chitarra? Fortunatamente migliore il resto del commento sonoro, in gran parte affidato ai Los Lobos [autori anche della ballata iniziale interpretata dallo stesso Banderas]. Oppure Tito & Tarantula (poi scritturati come ‘live band’ in “Dal tramonto all’alba”), il cui frontman Tito Larriva interpreta uno dei gangster a capo del bar usato come copertura per il traffico di cocaina e che presenta come deterrente sia un gabinetto che fa concorrenza a quello di “Trainspotting” che una disgustosa birra dal retrogusto urinoso… La stessa Hayek è autrice di un brano: nel film quasi sussurrato ai piedi dell’amato che dorme, nella colonna sonora ufficiale – pur con una qualità artistica indubbiamente superiore – prodotto in stile ultra-riverberato come si usava per le vecchie hit anni ’80 delle pornostar senza voce o i successi di Nadia Cassini. Tra i cammei, tre quelli più importanti e che riprendono o anticipano personaggi di produzioni/collaborazioni dei nostri (da “Le Iene” a “Machete”): Steve Buscemi, logorroico amico del cuore del Mariachi, Tarantino cinico corriere racconta-barzellette e Danny Treyo sicario inviato dal Cartello e attrezzato con giubbotto porta-lame. Il villain invece [stavolta Bucho, ’superiore’ di Moco del precedente film e altro che scopriremo alla fine / interpretato  da un Joaquim de Almeida che ricorda Christian De Sica] anche a questo giro non convince. Discorso analogo per lo script, ulteriormente semplificato e che non risparmia stereotipi. In generale resta la sensazione che pur notandosi l’encomiabile intenzione del regista di non stravolgere troppo l’estetica / filosofia del precedente lavoro, di questo perde l’originale genuinità, talvolta dilungandosi in forzature b-movie che soccombono nella patinatura o attimi action eccessivamente lunghi. E soprattutto una minore intenzione di sperimentare nuove soluzioni visive, come se quello che c’era da dimostrare fosse stato ormai fatto, lasciando ora spazio a un tipo di cinema più connotato e – tra frasi ad effetto, intermezzi salivari nel bel mezzo di un inseguimento e classica nonchalance verso devastanti esplosioni alle proprie spalle – più vendibile. Peccato…

A cura di Luigi Maria Mennella © 2022.


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