Chiedo asilo

di Marco Ferreri (1979)

Uno dei film forse meno compresi di Ferreri, ma che merita una non prevenuta visione; anche solo per l’atipica, rilassata e forse davvero congeniale interpretazione del comico toscano PROTAGONISTA.

durata: 110′
produzione: Italia
cast: Roberto Benigni, Dominique Laffin, Luca Levi, Francesca De Sapio, Carlo Monni, etc
sceneggiatura: Marco Ferreri, Gérard Brach. Con la collaborazione di Roberto Benigni
fotografia: Pasquale Rachini
musica: Philippe Sarde

Una volta Marco Ferreri s’infuriò con un giornalista che gli chiese per quale ragione avesse scelto Jerry Calà per un ruolo drammatico e lui gli rispose in malo modo che i comici sono i più grandi attori tragici. Era stato da poco proiettato il suo penultimo film (“Diario di un vizio”, 1993), ma senza entrare nel merito di questa asserzione – che condivido pienamente fatta eccezione per il problema di riconoscimento di comicità – facciamo un salto indietro fino al 1979. Il comico in gioco stavolta è Roberto Benigni.

Lo stesso che un paio di anni prima sotto la regia del fratello minore di Bertolucci ci aveva donato un piccolo gioiello di umorismo sardonico intriso di una trivialità a dir poco efferata. Ma come solo i grandi registi sanno far recitare anche i sassi, allo stesso modo Ferreri aveva il dono di non costringere alla briglie della recitazione chi di questa costrizione non aveva bisogno. Con un’operazione di candeggiatura totale, l’ex muratore di “Berlinguer ti voglio bene” si trasforma in una maestro d’asilo chiaramente affetto da sindrome di Peter Pan che in tale professione trova un’ideale dimensione empatica e di nuova crescita.

Certo i richiami della carne ogni tanto ricompaiono, complice anche l’orientamento politico estremamente libertario del nostro (che gli crea insieme a un approccio didattico innovativo, ma reputato pericoloso non pochi problemi con la polizia), così come la correlata disinibizione delle sue compagnie adulte, ma la fanciullezza ha sempre la priorità; perché tutto sommato di crescere questa gran voglia non la si ha. E quando l’uomo è calamitato verso il suo istinto ormonale, subentrano comunque le premure verso una fanciullezza da preservare (accertarsi che i bambini dormano, chiudere bene le porte, avviare un registratore con suoni ambientali di foresta e grida di animali per coprire le proprie…). E’ interessante il contrasto con questo rifiuto della maturità da un lato e lo straordinario, intelligente e creativo senso di accudimento dall’altro che trovano in una rinnovata mimica di Benigni un’ottima soluzione interpretativa, poiché di recitazione c’è sovente solo l’ombra. Soluzione carica di spontaneità che spesso strappa sorrisi di tenerezza allo spettatore e sorregge l’andatura del film.

Esperimento riuscito, giacché non si pone neanche il contrasto di capacità attoriali con il cast, tra la nuova fidanzata Isabella [una Dominique Laffin terribilmente doppiata], l’amico animatore [Luca Levi, interprete evidentemente problematico, ma che si è impegnato], ruoli secondari e comparse pasolinianamente buttate dentro e i tanti bambini che ovviamente sono stati lasciati liberi di esprimersi con la piacevolezza e i limiti della situazione. Invero si erge una spanna sopra tutti il piccolo Gianluigi – affetto da un persistente mutismo selettivo e una grave inappetenza – estremamente, in un modo inquietante perfettamente credibile.

Caso a parte il cameo della buonanima di Carlo Monni, surreale teatrante costantemente a petto nudo che inscena un suo personale Montezuma persuaso dell’interessamento dell’umanità ai problemi degli Aztechi.
Non mancano altri episodi surreali come una versione in odore di revisionismo gueveriano delle forze dell’ordine, così come non mancano le consuete partecipazioni “animali” (la lezione con l’asinello oppure la rana che incontreremo alla fine) a cui lo smisurato amore di un mancato veterinario che per caso è diventato regista ci ha sempre abituato.
La musica [l’originale di Philippe Sarde, collaboratore per quasi una decina di film di Ferreri], oscillando tra tanghi, canzoni popolari e di lotta e arte circense è spesso diegetica, quasi parte integrante del film coincidendo con la fisarmonica che Roberto spesso suona nel corso delle sue giornate.

Chiude il cerchio l’accettazione della paternità (quasi profetizzata l’anno prima con Depardieu che in “Ciao maschio” adottava un piccolo scimpanzé orfano di King Kong), ma di nuovo con la difficoltà di entrare canonicamente nel ruolo paterno. Ed ecco quindi che ci si presenta alle soglie delle doglie con una decina di alunni/amici con i quali si chiede di assistere insieme al parto di Isabella. Da questo momento il film si apre verso un finale aperto. Le donne compatiscono qualcuno. Forse Roberto, visto che le levatrici non sono più nella stanza della madre, non si odono vagiti e lui – quasi in atteggiamento di rimozione – si occupa solo di suonare la sua fisarmonica per poi avviarsi verso il mare con il piccolo Gianluigi. Qui scopre con gioia che il bambino sta guarendo, perché ricomincia a parlare e nutrirsi. E quindi vivere …e la rinascita in Ferreri spesso coincide con la morte. Li vediamo poi avviarsi verso il mare con le figure che si dissolvono nella trasparenza di un vaso di vetro dove un piccola rana – evolutosi unico girino sopravvissuto all’acquario di classe – uniforma il proprio sguardo con quello della camera. Successivamente vediamo solo il mare e i due sono scomparsi. Roberto ha realizzato a posteriori un dramma (morte dell’amata e del piccolo / in un certo senso lo sguardo di lei non corrispondeva esattamente all’immagine della salute) e ha deciso di farla finita? Poco dopo i primi vagiti di un neonato si miscelano al rumore delle onde sulla battigia e introducono i titoli di coda. Quindi? Sono tornati dalla neo-madre che aveva partorito e si era destata da un riposo? In realtà era solo un parto problematico e lui si è suicidato troppo frettolosamente? Il mare che è un po’ “la madre di tutti di noi” (cit.) li ha accolti nel proprio grembo per destinarli a nuova esistenza? Potrei andare avanti per ore. Scegliete voi il finale che più vi aggrada. A questo giro Ferreri è stato clemente e ha aperto un barlume di speranza nella sua drammaturgia quasi sempre impietosa e per questo dannatamente fedele alla feralità che affligge la storia dell’uomo.

Pubblicato in DVD dalla General Video nel 2004 e distribuito dalla Mustang Entertainment.
La mia copia [classico DVD box nero con copertina a stampa monofacciale + inserto bifacciale a colori + una sorta di gratta & vinci…] è una ristampa del 2012.
EAN: 8009833025732
Entrambe le edizioni ancora disponibili, così come le tante edizioni editoriali in circolazione: da quella con la copertina re-incorniciata in un un rettangolo blu e giallo adottata da Il Messaggero, Il Mattino, Il Giorno, La Nazione, Il Resto del Carlino, Corriere Adriatico, etc fino a quella (più gradevole dell’originale, decisamente stucchevole) sormontata da due bande dorate, divulgata dal Corriere della Sera.
E altre ancora…

A cura di Luigi Maria Mennella © 2022.


© Articolo di Luigi Maria Mennella. Deposito n° 185849 presso il Patamu Registry. Tutti i diritti riservati.
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