C’era una volta in Messico

di Robert Rodriguez (2003)

durata: 97’
produzione: Messico/USA
cast: Antonio Banderas, Johnny Depp, Mickey Rourke, Willem Dafoe, Rubén Blades, Eva Mendes, Salma Hayek, Danny Treyo, Enrique Iglesias, Marco Leonardi, Cheech Marin, etc
sceneggiatura: Robert Rodriguez
fotografia: Robert Rodriguez
musica: Robert Rodriguez + brani di autori vari (Brian Setzer, Manu Chao, Patricia Vonne, Salma Hayek, etc)

Capitolo finale de la “Trilogia del Mariachi” ed esempio lampante di come i soldi non facciano la felicità (dello spettatore). A giudicare dal cast il budget infatti sale (reclutato anche il figlio di Julio Iglesias all’apice del successo), ma la capacità di coinvolgerci scende progressivamente fino a toccare il fondo della noia più desolante già a metà film. Non basta l’abilità circense dei movimenti di macchina del regista, ormai ampiamente messi alla prova. Non bastano alcuni momenti decisamente riusciti, ma che sommati non superano i 15 minuti. Non bastano i nuovi e costosi personaggi a rendere le vicende più avvincenti: Johnny Depp avido agente CIA con velleità demiurgo-gastronomiche, Willem Dafoe narcotrafficante melomane permaloso, Mickey Rourke suo bodyguard legatissimo a un chihuahua che nasconde al suo capo insieme forse ad altro che ammicca a quello che è divenuto uno stereotipo dopo il seminale “Vitctor Victoria” di Blake Edwards… Il tasso ferormonale è nuovamente tenuto a freno come agli esordi, nonostante l’entrata in scena della poliziotta corrotta Eva Mendes, mentre Salma Hayek – fiore all’occhiello del precedente film (ARTICOLO QUI) – praticamente recita solo in sequenze di flashback [memorabile tra le ‘boiate’ del film quella della fuga incatenata a Banderas]. Tornano dall’oltretomba Danny Treyo (stavolta parla) e Cheech Marin in altri ruoli, così come compare in un cammeo da taxista Tito Larriva. A ben vedere c’è lo stesso Rodriguez tra i chirurghi che operano El Barillo [Dafoe]. Oltre al sopraccitato Iglesias viene chiamato dal Marachi a far parte del trio di ingegnosi pistoleros musicantes il nostro Marco Leonardi, con un destino più fortunato del precedente capitolo. Mentre il comparto VFX denuncia la sua presenza, la qualità della fotografia – curata dall’eclettico Rodriguez – cerca di calcare lo stile introdotto da Navarro nel precedente capitolo. E sempre il regista si propone anche per la colonna sonora, con discreti risultati grazie a una miscela non tanto esplosiva ma funzionale tra Gipsy Kings e Morricone (particolarmente evidente nel brano “Guitar Town”). Montaggio sonoro non sempre perfetto (es. l’iniziale playback fuori sincrono di Banderas che suona “La Malaguena”). Non ultimo lo script che di nuovo prende spunto dall’episodio precedente, ma s’inoltra in maldestre sperimentazioni di spionaggio e cospirazione che – non andando oltre un ridondante gioco di continua sostituzione del cattivo – risultano prive di quell’adeguata profondità di scrittura che solitamente decreta il successo o fallimento di questo particolare filone letterario/cinematografico. Infine –  visivamente leggero come i corpi impegnati nelle sparatorie e totalmente indifferenti alle leggi della forza gravitazionale – il film atterra dopo tanti giri a vuoto verso l’epilogo patriottico in un dispendioso percorso narrativo sintetizzabile con il concetto di ‘chili riscaldato’.

La trilogia completa è stata ristampata in un conveniente Green Box con due dischi che ha creato un po’ di scompiglio su Amazon: gente isterica che prima ancora di inserire il primo blu ray che li contiene entrambi ha decretato che mancasse un disco…da lì resi, nuove spedizioni, stampe, scotch, gasolio, etc …ed ecco che va a farsi friggere la filosofia ecosostenibile alla base di questo nuovo formato lanciato l’anno scorso dalla Eagle Pictures (un’iniziativa plastic free che risulta oltretutto piacevole visivamente). Apro una parentesi: l’ unico difetto del formato a livello di cartotecnica è la linguetta che – sostituendo l’hub classico – dovrebbe fermare il disco, ma che puntualmente lo lascia scivolare via con spiacevoli risultati. Tuttavia in questa edizione i dischi si trovano all’interno di due buste fustellate di cartoncino grandi quanto il box e tutto risulta stabile. Sarebbe intelligente adottare questa situazione anche per i titoli con un solo disco…

A cura di Luigi Maria Mennella © 2022.

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