Adagio

di Stefano Sollima (2023)

durata: 127’
produzione: Italia
cast: Toni Servillo, Pierfrancesco Favino, Adriano Giannini, Valerio Mastrandrea, Gianmarco Franchini, Francesco Di Leva, Silvia Salvatori, etc.
sceneggiatura: Stefano Bises, Stefano Sollima
fotografia: Paolo Carnera
musica: Subsonica

Opera di rottura di un regista che ci ha regalato perle di seminale cinematografia crime contemporanea e che contrariamente a qualsiasi illusione da trailer o aspettativa abitudinaria da fan lavora per sottrazione. Si parte dalla luce solare, ma – complici i continui blackout della Capitale – anche elettrica: cortocircuiti che sembrano tanto richiamare le falle funzionali del sistema quanto diabolicamente favorire l’avanzare furtivo delle tenebre dell’uomo. Si continua con la parte architettonica della Città Eterna: quello splendore monumentale da cartolina che con fotografia patinata ha fatto, con distrattivo fascino, la fortuna di tante produzioni nostrane che avevano ben poco da dire sul piano narrativo. Si finisce con la consueta componente erotico-sessuale di richiamo: l’unica attrice protagonista [Silvia Salvatori] sacrifica anch’essa la propria femminilità a favore di un ruolo di sofferto, osmotico suo malgrado sostegno morale al proprio compagno terminale [Favino, ormai rassicurante paradigma di totale metamorfosi attoriale]. Su uno sfondo urbano che alterna notturne panoramiche degne di Cronenweth, attimi pseudo-distopici e allegoriche sudicie e intasate venature stradali, si muovono – perennamente sudati – e sorreggono su di essi il peso di uno script ben congeniato pochi, ma buoni attori. Tra parentesi, sorprendente Giannini Jr, così come dispiace per la limitata partecipazione di Mastrandrea. Uno script che mantiene vivida la tensione e presenta solo due, forse volute, aperture intuitive in merito alla natura e destino dei personaggi: la metaforica soluzione del cubo di Rubrik al buio [a opera di un Servillo che giganteggia] e una vecchia pistola rispolverata da ‘Cammello’ [Favino] prima di immolarsi in una missione palesemente suicida, ma salvifica e catartica in termini di rimorsi paterni. Tematicamente si può anche abbracciare l’idea di un compimento tematico di una trilogia dedicata alla criminalità Romana, ma l’approccio elegiaco, delicatamente introspettivo tra un’azione e l’altra e la cifra stilistica di questo nuovo lavoro – che si inserisce in una sorta di auspicabile rinascita del noir in Italia – porta palesemente Sollima verso nuovi orizzonti espressivi.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2023.


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