titolo originale: “Le Hérisson”
durata: 100’
produzione: Francia, Italia
cast: Josiane Blasko, Garance Le Guillermic, Togo Igawa, Anne Brochet, Wladimir Yordanoff, etc.
sceneggiatura: Mona Achache
fotografia: Patrick Blossier
musica: Gabriel Yared
Commedia agrodolce basata sul fortunato romanzo di Muriel Barbery (“L’Élégance du hérisson”) la cui trasposizione è stata inizialmente non pedissequa -così come sono ravvisabili alcune tollerabilissime sviste nella messa in scena (montaggio in primis)- ma non per questo meno deliziosa; esattamente come il mammifero da cui è ispirata. Nel primo lungometraggio dell’Achache da un lato la piccola Palome [una promettente Garance Le Guillermic, appena dodicenne] nei suoi eccessi intellettualistici a metà tra Lisa Simpson e Woody Allen dischiude lentamente una fragile consapevolezza esistenziale che cerca nella progettualità del suicidio un senso alternativo alla bieca routine genitoriale di stampo alto-borghese. Dall’altro l’amareggiata, scostante portinaia Renée Michel [un riccio umano magnificamente interpretato dall’eclettica Josiane Balasko], nel suo schiudersi alla vita -che tutto sommato non ha smesso di amare e omaggiare attraverso un acculturamento quasi clandestino- offre un perfetto bilanciamento alla narrazione. Prepondendante ago della bilancia nella nichilista percezione dell’esistenza condivisa dalle due protagoniste la figura del Signor Ozu [Togo Igawa], al contempo emancipato e galante, testimone di imprevisti, drastici cambi di programma nell’epilogo. Fondamentale trait d’union la costante presenza felina che sembra quasi richiamare la familiarità culturale e folkloristica dell’immaginario giapponese legata all’animale (Neko). Ed esotico è anche il tratto delle graziose animazioni che nel confermare lo spirito d’osservazione e grande manualità della ragazzina inframezzano di tanto in tanto la narrazione, quasi bilanciando la ruvidezza delle riprese effettuate da Palomé con la vecchia videocamera del padre. Tra cinismo e dolcezza il film si avvia alla fine accompagnato dalla riuscitissima colonna sonora di Yared dove prevale su timidi fraseggi solisti di violoncello un delicato tema pianistico soffusamente dilatato e ampliato da string pads.
A cura di Luigi Maria Mennella © 2023.
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