1975: occhi bianchi sul pianeta Terra

di Boris Sagal (1971)

titolo originale: “The Omega Man”
durata: 98’
produzione: USA
cast: Charlton Heston, Anthony Zerbe, Rosalinda Cash, Paul Koslo, Brian Tochi, etc.
sceneggiatura: John William Corrington, Joyce Hooper Corrington
fotografia: Russell Metty
musica: Ron Grainer

A distanza di soli 7 anni -che sembrano un’eternità nella resa estetica e narrativa- da quello di Ragona (ARTICOLO QUI), un nuovo adattamento del romanzo cult di Matheson, decisamente meno ingenuo nella delineazione degli antagonisti (vampiri/zombi rimbecilliti che temono l’aglio sostituiti con fondamentalisti-primitivisti albini che non sopportano la luce) e con un diverso e più solare accompagnamento musicale (non più tragici archi sinfonici, ma si prediligono i fiati di un funk/jazz, spesso diegetico con le tipiche contaminazioni pop-lounge del periodo). Scelta di contrasto quest’ultima non supportata però da un’adeguata componente drammatica. L’innato machismo del protagonista [l’ex scienziato/militare Robert Neville / Charlton Heston] e la cospicua fornitura militare e tecnologica rendono l’atmosfera generale decisamente più rassicurante e meno precaria; e non manca perfino una nostalgica e pacifista parentesi proiezionistica del “Woodstock” di Wadleigh. Maggiore azione (corse in auto, stunting acrobatici, esplosioni, voli in/di elicotteri, etc) e visibile possibilità di mezzi tecnici ed economici, certo, ma purtroppo si avverte la totale assenza di desolazione asfittica della precedente pellicola del ’64; nonostante i riusciti intenti iniziali di dipingere una Los Angeles deserta attraverso lunghi attraversamenti in auto ad alta velocità. Heston, all’apice della sua popolarità nel filone fantascientifico di quegli anni prova a sorreggere il film sulle proprie spalle (sudate), ma è appesantito dall’interazione con alcuni attori secondari che rasentano la caratterizzazione trash; e a poco serve allora il suo ghigno sarcastico a 32 denti. Il montaggio oscilla tra buone intuizioni (l’alternanza pulsanti dell’ascensore e lancio missili atomici), scelte discutibili (il fast motion sulla mitragliata iniziale o in alcuni attacchi) e veri e propri editing fatti con l’accetta negli ultimi 10 minuti. Buono l’impianto scenografico degli interni, seppur rasenti la ridondanza di props. Discutibile trucco & parrucco, soprattutto per i ‘cattivi’, sorta d’impomatata nuova Santa Inquisizione. Per il finale Sagal amplifica cruentemente la Passione accennata da Ragona, trasformando una fontana in Golgota. Tra alti e bassi, comunque un piacevole tassello postapocalittico settantiano; sicuramente più interessante dell’ulteriore astuto blockbusteriano remake di Lawrence del 2007.

A cura di Luigi Maria Mennella © 2023.


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